Seconda udienza in tribunale a Como per gli episodi di violenza di stampo ’ndranghetista che avevano tenuto in scacco piazza Garibaldi a Cantù, i locali su di essa affacciati e gli avventori degli stessi. I nove imputati tuttavia non erano in aula, questo per volere del Collegio di Como che dopo aver recepito le indicazioni della Riforma Orlando, ha disposto “l’udienza a distanza”, ovvero in videoconferenza, senza dunque trasferire gli imputati dalle rispettive celle. Una decisione che, vista la novità in vigore da pochissimo (è utilizzabile questa via solo per determinati reati di criminalità organizzata), ha immediatamente sollevato le proteste delle difese che hanno sollevato eccezioni anche di costituzionalità: «Una modalità che comprime il diritto della difesa, che non può interloquire con il proprio assistito», hanno tuonato i legali. «Nelle udienze fin qui tenute non c’erano stati problemi che potessero giustificare questa scelta», ha aggiunto l’avvocato Ivana Anomali. Il pm della Dda, Sara Ombra, ha invece sottolineato «il pieno rispetto del diritto di difesa», aggiungendo che queste modalità sono utili per «scongiurare il pericolo di intimidazione e pressione sui testimoni e sulle persone offese». Il Collegio, solo nel tardo pomeriggio si è pronunciato, non accogliendo le richieste dei legali degli imputati e rinviando tutti alla prossima udienza in gennaio. Quando, finalmente, potrebbero (il condizionale è d’obbligo) sfilare i primi testimoni.

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