Prove tecniche di post-umanità
di Lorenzo Morandotti
Sarà un nuovo medioevo o un rinascimento? Intanto stavolta, con l’urto epocale che stiamo subendo e che forse ci trasforma da umani a post-umani, come in un film di fantascienza, ci siamo accorti dell’ovvio: non c’è un pianeta “b” dove scappare. L’emergenza climatica su cui tanto si è polemizzato fino al 2019 si è tramutata in questo 2020 da dimenticare, in primo luogo per il tributo di vite pagate, in emergenza planetaria. Per colpa di un nemico invisibile, che ha fatto un salto di qualità nella scelta degli ospiti: dagli animali all’uomo. Sette miliardi di sapiens, immensa prateria semovente e interconnessa da colonizzare, e alcuni dei quali, finora a migliaia, da uccidere come danno collaterale.
Un miliardo (per ora) costretti a casa per limitare i danni. La metà dei giovani in età scolare della Terra senza accesso alle aule e al confronto diretto con i docenti, e con l’obbligo a deviare la didattica sui computer. E legioni di anziani cui ogni giorno va detto (spesso da lontano perché nel tunnel delle terapie intensive) addio: intere immense biblioteche di affetti, esperienze, saperi che in vita la società già aveva messo da parte e che ormai sono irrecuperabili patrimoni.
«Inaccettabile che nei media, e non soltanto lì, si parli dei vecchi come se questi appartenessero a un’altra razza distinta dall’umano, come fossero zebre; i vecchi siamo tutti noi. Lo siamo in potenza, se non in atto» ha commentato su Facebook lo scrittore Fulvio Abbate. Intanto nel chiuso delle nostre camerette che sembrano astronavi da cui il mondo appare a tempo indeterminato capovolto, non riusciamo a immaginare quando finirà tutto questo.
Che conseguenze avrà nel medio e lungo periodo, se alla ribalta dell’intero mondo (compresa Como con i suoi cantieri e progetti di riscossa e rinascita forzatamente interrotti) ritornerà il bel tempo o dovremo convivere con cicliche riedizioni di una tempesta che, per ora è l’unico dato nell’incertezza, segna nel profondo e probabilmente cambia in modo per molti aspetti irreversibile il corso della storia umana. Chi l’avrebbe detto? Eravamo stati avvertiti, e non da Alessandro Manzoni, o Albert Camus o José Saramago o Stephen King, o da un complottista con la vocazione di stanare armi biologiche, ma dal libro del momento, Spillover edito da Adelphi. Racconta proprio come, zoonosi oggi zoonosi domani, fosse inevitabile da tempo per l’umanità l’impatto con una seria pandemia, preannunciata da analoghi fenomeni.
Qualche ironico ottimista vede in questa crisi devastante anche del buono: meno inquinamento, stop alle ludopatie, alfabetizzazione digitale accentuata per causa di forza maggiore, lettura dei libri incentivata per clausura, ritorno alla condivisione e all’empatia e a cose fondamentali come rispettare le regole e lavarsi le mani ogni volta che occorre. Ma c’è poco da scherzare, anche se per tener calmi i bambini (compreso quello che ogni adulto ha in sé) l’imperativo è ripetere all’infinito che tutto andrà bene. Quel «tutto» di cui si parla fa già parte del passato. E del domani, oggi più che mai, non v’è certezza alcuna.
