Analfabetismi italiani, emergenza europea

di Lorenzo Morandotti

Analfabeti. E non solo in senso propriamente linguistico.
Non perdono occasione di dimostrarsi tali gli italiani – oltre che nella scarsa
competenza nell’uso corretto di un dizionario tra i più ricchi – anche
nell’etica e nella memoria. Una emergenza globale, insomma, che mette a
repentaglio il presente e soprattutto il futuro di un paese sempre più,
manzonianamente parlando, vaso di coccio tra i vasi di ferro del continente che
presto andrà alle urne. Qui da noi abbiamo perso di vista il senso della
misura, chiudendoci in un ottuso e ottundente egoismo che tocca anche le
quotidiane abitudini più prosaiche (quanti mettono la freccia per svoltare?).
Oltre che la capacità di esprimerci in modo corretto e appropriato nelle varie
situazioni, abbiamo dimenticato quando gli immigrati da trattare a pesci (o
peggio) in faccia all’estero eravamo noi stessi. Per fortuna gli italiani sono
anche capaci di stupire, e prendersi la rivincita con la creatività e con la
voglia di rimboccarsi le maniche. E spesso si dimostrano meno egoisti di quanto
sembrano in superficie, come sottolinea Ferruccio de Bortoli, già autorevole
direttore del “Corriere della Sera”, nel suo nuovo libro “Ci salveremo” appena
edito da Garzanti e che presto verrà presentato a Como, al Teatro Sociale. Che
siamo analfabeti di ritorno, senza memoria e inclini alla furberia, ma anche cicale
capaci spesso di vette artistiche notevoli, ce lo hanno ricordato altre penne
illustri recentemente ospiti del nostro festival LarioBook partito la settimana
scorsa (nella foto, il critico musicale del “Corriere della Sera” Mario
Luzzatto Fegiz). In particolare Paolo Di Stefano, inviato delle pagine
culturali del “Corriere” e scrittore, forte della sua formazione di filologo
alla scuola pavese di Cesare Segre, ha invitato a parlare solo di cose che si
conoscono. In un Paese di Soloni dalla tastiera facile che sproloquiano via web
sullo scibile, per fortuna qualcuno va in direzione contraria.

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