di Mario Guidotti
Il metodo scientifico prevede che un’ipotesi, anche se molto
fondata, vada dimostrata. È stato così per la sfericità del pianeta sul quale
viviamo, pur se ci sono ancora sacche di resistenza ideologica. È stato così
per i vaccini e migliaia di altre teorie provate più volte. La Medicina ci
offre ora i risultati di un’altra ricerca scientifica che documenta qualcosa
che forse già sapevamo ma che necessitava di dimostrazione: il segreto di una
lunga vita sta nell’avere uno scopo.
La ricerca, effettuata presso la Michigan School of Public
Health, Università negli Usa, è stata recentemente pubblicata su Jama Network
Open, rivista altamente qualificata. I ricercatori dimostrano che i soggetti
attempati che hanno ancora uno scopo nella vita hanno una minore probabilità di
morire per malattie cardio-circolatorie e digestive, le prime ricordiamo che
sono i “big killers” dell’età avanzata, anche più del cancro. A corollario,
questi anziani hanno maggiori probabilità di vivere a lungo, e meglio.
Lo sapevamo da sempre, e declinata in altri modi la notizia
ci dice che ha senso vivere finché c’è una motivazione, che in altre parole ci
sentiamo vivi finché ci sentiamo utili. Ci sono già enciclopedie a tale
riguardo e vale per tutte le età, ma nella fase avanzata della nostra vita il
tema diventa cruciale, appunto ne va della stessa nostra sopravvivenza.
Guardiamoci intorno: si invecchia sempre di più. È un bene?
Lo è se questo è considerato un dono ed un privilegio. Viceversa, siamo
circondati di persone anziane che non fanno altro che dire “sapessi come è
brutto diventare vecchi”. Ah sì? Provate
a dirlo agli uomini con la Sla, alle persone con il cancro metastatico, alle
mamme dei bimbi con la leucemia. Ma
torniamo alla nostra dimostrazione scientifica.
È il risultato di uno studio condotto per più di dieci anni
su quasi settemila persone ultra-cinquantenni. I partecipanti dovevano
completare un sondaggio riguardante varie situazioni rapportate ad uno scopo
nella vita. Non la facciamo lunga, ma i punteggi più alti hanno correlato
indiscutibilmente con minori probabilità di andare incontro a decesso entro la
fine dello studio, mentre i più bassi avevano anche il doppio di probabilità di
morire. Quelli che rappresentano gli scopi nella vita in realtà variano
enormemente da persona a persona, ma i comuni denominatori declinati erano:
comunità, successo, reputazione, relazioni, spiritualità, gentilezza, utilità,
generosità.
Ma tutto questo come si trasforma da un punto di vista
biologico? I veicoli di maggiore o minore impatto di malattia si chiamano
infiammazione cronica, ormoni dello stress, telomeri, neurotrasmettitori, tutte
sostanze misurabili, che esistono e che possiamo modificare con il nostro
pensiero e comportamento. Da oggi non possiamo più non tenerne conto.
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