Blocchi a colori, la protesta di Confcommercio

Blocchi a colori, la protesta di Confcommercio

Ieri arancione, fino all’Epifania (allo scoccare della mezzanotte scadrà il Decreto Natale) sarà di nuovo rosso, cioè sono in vigore misure più stringenti sugli spostamenti e le serrande dei negozi restano abbassate.Aperti soltanto gli esercizi che vendono generi di prima necessità. Chiusi anche bar e ristoranti, dove è consentito soltanto l’asporto, sempre dalle 5 alle 22, e la consegna a domicilio, senza limiti di orario.Fin qui le certezze, poi il 7 e l’8 potrebbe tornare il giallo e di nuovo l’arancione nei due giorni successivi. Il governo lavora a nuove misure per contenere i contagi da Covid 19 e valuta il calendario delle chiusure.Servirà infatti un provvedimento che traghetti il Paese fino al termine dell’ultimo Dpcm in vigore fino al 15 gennaio.E mentre alla tavolozza dei colori si sta per aggiungere il bianco, nei territori che presentano gli indicatori migliori, e permetterebbe di far ripartire attività come palestre e cinema, la Confcommercio di Como lancia la protesta. Siamo di fronte a un valzer cromatico che mette in ginocchio l’economia: è palpabile il malessere di chi deve lavorare e deve alternare giorni di stop a pochi momenti di riapertura.«Non c’è chiarezza nelle scelte, chi lavora è disorientato e deluso, schiacciato dalla fatica e senza prospettive», dice il presidente di Confcommercio Como Giovanni Ciceri. «Non è possibile lasciare così poco tempo agli operatori per adattarsi, ci sono gli approvvigionamenti da predisporre, i locali da riscaldare, il personale da allertare», dice l’avvocato comasco. «Mi rendo perfettamente conto delle difficoltà che l’emergenza sanitaria ci impone sul piano della salute e della sua difesa – prosegue Giovanni Ciceri – ma il nuovo anno si prospetta pessimo come è stato il precedente, nonostante la buona notizia dei vaccini. In merito non ho dubbi, sono un vaccinista più che convinto e quando sarà il momento mi sottoporrò alla profilassi. Quello che mi lascia perplesso è la gestione della situazione, per quanto riguarda tempistica e modalità di applicazione delle restrizioni. Nel primo lockdown la prospettiva fu migliore, ora regnano incertezza e pessimismo per una gestione a spizzichi e bocconi che non fa bene a nessuno. Insomma stanno uccidendo una intera categoria che è importante per la tenuta economica del paese. E questo nonostante le nostre rimostranze sia a livello locale che nazionale. Con questa crisi abbiamo riscoperto il ruolo centrale del sindacato e dei corpi intermedi, peccato che non ci hanno ascoltato abbastanza e non hanno condiviso le nostre istanze. La realtà è che non c’è chiarezza, certi provvedimenti sono logici, altri meno. Si danno ristori ai ristoratori ma non ai loro fornitori ossia ai grossisti, ad esempio. È ingiusto. Vedo supermercati pieni di gente e ristoranti chiusi. Quante feste incontrollate si sono organizzate in sordina a Natale e Capodanno? Forse sarebbe stato meglio aprire i ristoranti che hanno tutto l’interesse a garantire distanziamento sociale e condizioni sanitarie ottimali. Insomma siamo preoccupati, perché la gente e gli operatori hanno paura dell’incertezza».