Coronavirus, ristoratori cinesi in crisi. A Cantù c’è chi invita il sindaco

Psicosi coronavirus, anche a Cantù sono i ristoratori orientali quelli più esposti alla paura, ingiustificata, dei clienti italiani. E così ieri mattina dalla città del mobile è arrivato l’accorato appello di Xu Lijun, che gestisce un ristorante cinese in centro. «Purtroppo il nostro giro di affari si è ridotto anche del 50% dallo scoppio dell’epidemia. La gente si è inutilmente spaventata e il nostro ristorante è sempre meno affollato», spiega l’esercente che spiega con la massima attenzione come i cibi utilizzati provengano solo dalla grande distribuzione italiana e, nello specifico, della provincia, e non ci sia nulla in arrivo dalla Cina. «Purtroppo in tanti hanno preferito non venire più. Tavoli vuoti anche in occasioni come San Valentino (che si è festeggiato ieri con solo 20 coperti quando solitamente la media per certe ricorrenze era molto più alta), e poche chiamate anche per il sabato», aggiunge Xu Lijun. Altro fattore significativo è che anche le prenotazioni effettuate tramite i maggiori portali di consegna di cibo a domicilio hanno subito una flessione del 50% nelle prenotazioni. «Purtroppo in queste condizioni non abbiamo che 3 mesi di vita prima di dover seriamente ragionare su una chiusura del locale. Oggi lavoriamo in 10 ma già da un po’ di tempo stiamo facendo i turni per risparmiare. Stiamo cercando di dialogare anche con il proprietario dell’immobile per vedere se è possibile un accordo in questo periodo di difficoltà – conclude Xu Lijun – Spero che i cittadini capiscano come stanno realmente i fatti. Infine vorrei invitare il sindaco di Cantù a venire a cena da noi come gesto distensivo».

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