Rideva Mahmoudi mentre il pubblico ministero Massimo Astori descriveva il momento dell’omicidio. Rideva e parlava, con quella sua voce stridula che si può sentire a distanza.Rideva quando la pubblica accusa descriveva la premeditazione: «Sapeva di trovare don Roberto a quell’ora a San Rocco, sapeva che era da solo, all’inizio del giro delle colazioni». In aula stavano scorrendo le immagini che riprendevano il tunisino arrivare in piazza, attraversare San Rocco «con passo spedito, come fosse un soldato in missione», per usare le parole dell’accusa.Nel video si intravedeva tutto, il portellone dell’auto di don Roberto che si apriva, Ridha che alle spalle era fermo, vestito con una tuta rossa e bianca. Poi, improvviso, lo scatto in avanti, probabilmente all’inizio dell’aggressione. Erano le 6.58 del 15 settembre 2021. Questi fotogrammi proiettati in aula sono stati il momento più duro dell’udienza di ieri, assieme alle immagini del corpo di don Roberto, dei segni lasciati dalle coltellate fatali, dello sfregio al volto mentre era già privo di sensi. Ridha Mahmoudi rideva mentre tutto questo veniva raccontato.Poi però, quando alle 17.49 la Corte d’Assise – dopo una camera di consiglio durata poco meno di tre ore – è tornata in aula, il tunisino si è seduto, all’apparenza stordito.«Ergastolo», è stata la parola pronunciata dalla presidente della Corte, Valeria Costi. Omicidio premeditato, crudele, che merita il massimo della pena. «Tanto c’è l’Appello», ha pronunciato sottovoce l’imputato in un ultimo sussulto d’orgoglio di una giornata che ha scritto la parola fine alla prima fase dalla vicenda processuale nata dal delitto che un anno fa aveva sconvolto la città. «Mahmoudi si riteneva al centro del mondo – aveva detto il pm – Lui doveva essere assistito, lui doveva essere aiutato, il mondo esterno non doveva interferire e gli ostacoli dovevano essere abbattuti. Dall’altra parte c’erano invece le borse della colazione di don Roberto che stava preparando per portare da mangiare ai più deboli e che raccontano tutta un’altra storia. Quello stesso don Roberto che, non posso esimermi dal ricordare, il 17 dicembre 2017 fu multato dal Comune di Como perché forniva aiuti in strada ai senzatetto».Del movente – Mahmoudi credeva di essere vittima di un complotto per farlo rimpatriare – abbiamo più volte scritto. Ma ieri in aula è emerso anche che don Roberto – che in quei giorni Ridha chiamava solo “il signor Malgesini” – aveva iniziato a farsi da parte, a dirgli di rivolgersi alla Caritas. «Forse si era spaventato», ha azzardato il pm. «Però quando quella mattina Mahmoudi disse che aveva mal di denti e che gli serviva del ghiaccio, si offrì comunque di aiutarlo e di portarlo all’ospedale». Mostrando la schiena all’assassino che dietro di lui era pronto a pugnalarlo.La Corte d’Assise, nel condannare l’imputato all’ergastolo, ha anche accolto la richiesta del risarcimento simbolico di un euro per i familiari, disponendo ai parenti anche la restituzione degli effetti personali del sacerdote.
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