Fermiamoci un momento: non tutto è un disastro

Fermiamoci un momento: non tutto è un disastro

di Mario Guidotti

ra le tante immagini e foto che girano in Rete in questi giorni ve ne sono alcune veramente suggestive relative all’infezione di “Spagnola”, la pandemia che flagellò il mondo un secolo fa, lasciando sul terreno milioni di morti.

Fatte le dovute proporzioni e detto subito che i nostri nonni e bisnonni indossavano anche con maggior classe e stile le proprie mascherine, l’impressione è che poco sia cambiato. Superato lo stupore, ci assale una profonda delusione nella Scienza.

Ma come, nel frattempo abbiamo imparato a viaggiare a velocità supersonica, siamo andati e tornati dalla Luna, abbiamo vinto la forza di gravità, abbiamo inventato supercomputer e connesso il pianeta sì che possa collegarmi in un nanosecondo con le isole Fiji e dobbiamo ancora difenderci con le mascherine da un lurido virus che ci porta via nonni e amici?

Beh certo, dal cotone siamo passati all’high tech ffp2 ed ffp3, ma pur sempre mascherine sono (per chi le trova e se le può, profumatamente, pagare).

Ci aspettavamo ben altro: superfarmaci mirati, anticorpi selettivi, vaccini istantanei, trasfusioni, plasmaferesi, dialisi virali, e invece ci date mascherine e distanziamento sociale? Siamo delusi, tutti, tanto, a cominciare da chi aveva vissuto per la Scienza e ci aveva creduto davvero. Scafandri, superbardature in stile medievale, ma che armi abbiamo? Sembriamo alabardieri. La seconda sensazione dopo la delusione è di un profondo ridimensionamento. Ma allora, questo uomo (e donna beninteso) tecnologico, che è anche un po’ decadente per i suoi costumi edonistici ed egoistici, ricade con i piedi sulla terra? Un po’ di senso del limite non ci fa poi male.

Credevamo di potere tutto, di vivere tranquillamente e pienamente oltre i cento anni, bastava mettere sul piedistallo l’idolo del momento, ricoprirlo d’oro e ci avrebbe riempiti di certezze e telefonini.

Ieri era un calciatore, un magnate del Web, una rockstar, un politico abile a parole, oggi ci mettiamo un immunologo o un virologo, che sicuramente ci salverà.

Quando poi abbiamo visto che gli stessi scienziati litigano in tv come delle comari in cortile e che invece di superpillole spaccavirus ci fanno stare rinchiusi in 50 metri quadri con gatto e suocera per settimane e mesi, eh no, grazie, che delusione.

Ma riavvolgiamo il nastro: non tutto è un disastro. Diciamo che già in due mesi di epidemia si è capito di più della malattia, e ora i pazienti si curano prima e meglio. Si muore meno e si guarisce prima. Ci aspettavamo di più da chi l’ha vissuta e curata (si fa per dire) prima ma abbiamo imparato anche questo. La seconda lezione è che abbiamo capito di essere molto più fragili di quanto pensassimo, come singoli e come società. Può essere una delusione, ma potrebbe essere un buon punto di partenza per migliorarci. Come? Per esempio nell’indirizzare le risorse. Continuiamo a pagare i ricercatori come straccioni o cambiamo la rotta? Invertiamo la scala dei valori o i nostri pronipoti nel 2120 dovranno cercare affannosamente altri generi di mascherine per la loro pandemia futura?