Il tempo scorre veloce, viviamolo con pienezza

di Mario Guidotti
Anche voi ricordate in gioventù pomeriggi interminabili come
nella canzone “Azzurro” di Celentano? Vacanze estive che non finivano mai? E
poi anni scolastici eterni, Natali inarrivabili. Ora in un attimo è già
nuovamente estate, e poi è subito il 25 dicembre. Perché allora il tempo non
passava mai ed ora che siamo (quasi) vecchi il tempo vola ed è inafferrabile? È
evidente che il tempo fisico non è quello della mente. L’Umanità se lo chiede
da sempre. In realtà il passare delle ore, dei giorni, degli anni è sempre
uguale, cambia totalmente la nostra percezione. Una volta uno disse: “Il tempo è come un tubo di carta che si
srotola, all’inizio va lentamente, alla fine gira velocissimo”.
La filosofia se ne era occupata nell’800 tramite Paul Janet,
professore alla Sorbona e seguace di Hegel, che affermava come il passare del
tempo sia elaborato nella nostra mente in proporzione inversa alla lunghezza
della vita vissuta fino a quel momento. È così che per un ragazzino di 10 anni
un giro del calendario è un decimo della propria esistenza, mentre per un
adulto è un cinquantesimo, un sessantesimo e così via.
Ora giunge un’interpretazione scientifica. Ce l’ha fornita
Adrian Bejan, professore di ingegneria meccanica della Duke University, e che
ha studiato al MIT. Secondo la propria pubblicazione, comparsa lo scorso 18
marzo sull’European Review della Cambridge University Press, la differenza tra percezione del tempo in gioventù e
senilità starebbe nelle diversa velocità (o lentezza, indovinate voi quando
l’una o l’altra) con cui le immagini vengono elaborate e percepite nel cervello
umano. Il tempo è dato dalle stimolazioni neuronali, tante e veloci in giovane
età, lente nell’età avanzata, come la corsa, la digestione (quando c’è ancora),
l’udito, la memoria. È così che il cervello giovane riceve ed elabora più
immagini durante una giornata, mentre le persone anziane visualizzano un minor
numero di immagini nella stessa durata di tempo.
Questo dipende dalla velocità di movimento degli occhi, che
acquisiscono più informazioni e le depositano nel cervello, più libero di reti
neuronali e circuiti tra le stesse. Poi col tempo il numero di circuiti
cerebrali aumenta, ed è proprio questo che ne rallenta lo sviluppo di nuovi.
Questo spiegherebbe anche il motivo per il quale sono molto più ricchi i
ricordi di eventi giovanili che senili, perché appunto abbiamo la percezione di
un vissuto più pieno e più lungo di eventi. Sarebbe quindi l’elaborazione delle
immagini che porterebbe a modificare il senso, accelerato o rallentato, del
tempo.
In sintesi le lancette di un orologio corrono ugualmente per
tutti, ma in un attimo, per dirla come Enzo Biagi, “è già sera”, riferito alla
giornata e alla vita intera. Visto però che tutti lo sappiamo e l’Umanità se lo
racconta da sempre, sforziamoci di non dare importanza a quanto veloce si
svolga la vita, ma a quanto e come la riempiamo e diamo quindi un senso alla
stessa.