Le materie prime e i mali della globalizzazione

Le materie prime e i mali della globalizzazione

di Giorgio Civati

La globalizzazione non è solo un termine alla moda ma anche un problema concreto, con ripercussioni reali sulle vite di tutti, in tutto il mondo. Lo sanno bene gli addetti del tessile comasco: i filati di seta sono infatti prodotti per oltre il 90% in Cina e proprio la Cina negli anni e nei decenni ha usato e abusato di questa sua posizione. Ha venduto un chilo di filo e un chilo di camicette confezionate più o meno allo stesso prezzo nel mondo, erano gli anni Novanta del secolo scorso. Ha applicato prezzi diversi, più bassi per il mercato interno e più alti per tutti gli altri. Ha inondato negozi e mercati di abbigliamento magari di bassa qualità, un tempo, ma a prezzi bassissimi grazie alla situazione sociale ed economica dell’ex Celeste Impero, con costi e retribuzioni infinitamente minori rispetto all’Europa o all’America.

Ha insomma evidenziato il lato peggiore della globalizzazione. Era però una questione circoscritta, che ora sta esplodendo in tutta la sua gravità in molteplici settori. La cosiddetta crisi delle materie prime è l’argomento del giorno e coinvolge di tutto e di più.

Materiali per l’edilizia, alluminio e acciaio, ovviamente petrolio e gas naturale, fonti energetiche in genere e poi quella definizione che nessuno conosceva fino a qualche tempo fa, terre rare, necessarie per computer, telefonini e schede elettroniche.

Componenti fondamentali per questa nostra vita interconnessa di cui non possiamo fare a meno ma che evidenziano tutti i limiti della globalizzazione. Di quantità disponibili ma anche politiche. La solita Cina, per esempio, pare stia portando avanti un massiccio piano di espansione e controllo verso i Paesi depositari di giacimenti di terre rare, oltre a disporre al proprio interno di materie prime in quantità molto più elevata rispetto ad altre aree del mondo. Quello che la Como della seta ha vissuto nei decenni insomma si sta riproponendo su scala molto più ampia. La dipendenza quasi totale da un fornitore, per esempio di filati di seta, ha evidenziato debolezze e problemi che ora hanno una incidenza sulle nostre vite ben più ampia.

Dalle bollette per riscaldare e illuminare le nostre case al costo dei computer, dalla carenza di microchip che sta rallentando la produzione di auto ai costi in rialzo di prodotti chimici e materiali in genere, il mondo è un unico, grande e disomogeneo mercato: magari acquistiamo sotto casa, ma prodotti fatti dall’altra parte del pianeta oppure con componenti che vanno ugualmente acquistati chissà dove. Sistema moda Italia – da poco guidata come presidente da Sergio Tamborini, amministratore delegato di Ratti – ha rilevato per esempio un rialzo delle materie prime del tessile da settembre 2020 a settembre 2021 di oltre il 35%. È un dato preoccupante per l’industria tessile che a Como ha ancora tanta importanza, ma anche il segnale di una interconnessione sempre maggiore, inevitabile, del mondo intero. Nel bene e nel male, di questi tempi soprattutto in male.