Maestro Martino, il capostipite

appreso in area insubrica i primi rudimenti, passò a Napoli, quindi a Udine e a Milano, dove fu a servizio delle cucine di Francesco Sforza. Quindi a Roma vide la consacrazione sui fornelli vaticani all’epoca di Pio II e Sisto IV. Dalla seconda metà degli anni ’50, fino al 1465, fu cuoco personale di un alto prelato: il cardinale camerlengo Ludovico Scarampi Mezzarota, ossia il Patriarca di Aquileia. E concluse la carriera di nuovo a Milano, al servizio di Gian Giacomo Trivulzio.Questo Gualtiero Marchesi del XV secolo è protagonista di una querelle filologica. La sua fama si deve anche a un trattato di Bartolomeo Sacchi detto il Platina – grande umanista nominato nel 1478 da Sisto IV primo direttore delle Biblioteca Vaticana – Il piacere onesto e la buona salute, che cita Maestro Martino così: «Principe dei cuochi ai nostri tempi, dal quale ho imparato a cucinare ogni pietanza». Quello del Platina è un altro libro grazie al quale la cucina abbandonò la morigeratezza tipica del Medioevo per aprirsi ai fasti delle corti. A Lugano la Biblioteca della Fondazione “B.In.G” (vedi articolo sotto) conserva l’incunabolo della prima edizione (1475) dell’opera del Platina. Che cita, per la prima e unica volta, il patronimico «Rubro» per Maestro Martino. «Rubro», ossia «De Rubeis», famiglia diffusa nella Valle di Blenio e cioè in Svizzera. Nel manoscritto spicca un’abrasione sul nome «Martino Comensis» corretto in «De Rubeis», da cui il nome esatto «Martino De Rubeis» e la conseguente appartenenza al Ticino. Il testo del trattato di Martino è online (www.uni-giessen.de/gloning/tx/martino2.htm), mentre il facsimile di uno dei pochissimi manoscritti noti (quello della Library of Congress di Washington) è stato riprodotto dalle edizioni americane Octavo e si trova in vendita a 40 dollari.