Mobilità, il minimo sacrosanto dovuto

Mobilità, il minimo sacrosanto dovuto

di Marco Guggiari

Vent’anni fa questo giornale iniziava una campagna popolare
per la terza corsia dell’autostrada A9. L’esasperazione degli utenti si
tradusse in un profluvio di lettere, fax, e-mail e telefonate che pose le basi
per il successivo intervento delle istituzioni. Nel giro di una dozzina d’anni
l’opera fu realtà. Oggi servirebbe analoga mobilitazione per spingere di nuovo
chi può e ha il dovere di farlo in direzione di una mobilità meno offensiva
delle esigenze e delle legittime aspettative dei comaschi e del loro
territorio. Lo scriviamo alla fine di una settimana nera e che, se non fosse
tale, potrebbe semplicemente definirsi surreale. Quando si impiegano fino a due
ore in più per arrivare da Como a Milano a causa dei treni in ritardo, mandando
a pallino una giornata di lavoro, di impegni, di coincidenze con altri
trasferimenti, si stenta a credere. Eppure, succede ed è la regola. Non
l’eccezione. La statistica ci informa che nelle prime due settimane di novembre
i convogli significativamente non puntuali sono stati due su tre lungo la linea
che ci interessa direttamente. È uno dei pochi casi di servizi peggiorati
progressivamente da decenni a questa parte. Qualcosa di incomprensibile, che non
sembra però scalfire chi deve intervenire per porre fine a questo abituale
disservizio. Analogamente, quando sentiamo riparlare di Tangenziale di Como e
di Varese gratis, ci arrabbiamo scoprendo subito che l’impegno in tal senso
della Regione nella nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza
2019 è solo reiterato, senza che lo si accompagni con lo stanziamento per la
necessaria copertura di bilancio. È dunque mero “flatus vocis”, discorso privo
di consistenza. Siamo invece fermi alla doccia gelata del mese di aprile 2018,
quando il neo assessore regionale Raffaele Cattaneo, riguardo alla promessa
fatta prima dal governatore Maroni e poi dal suo successore Fontana, ammise: la
gratuità è in fase di “totale rivalutazione”, non esiste con l’Anas un patto in
tal senso. Andremo così avanti con lo sproporzionato pedaggio di un’autostrada
utilizzata al minimo proprio per il suo costo. Altri esempi freschi di una
situazione complessiva di cui faremmo volentieri a meno? La conclamata
pericolosità, ancora numeri alla mano, della statale Regina e della provinciale
Lariana per la quantità di incidenti; la buca dov’è finito un automezzo di
Aprica in via Carso, che richiederà lavori di ulteriori due settimane (nella
migliore delle ipotesi). E poi, più in generale, il Viadotto dei lavatoi,
sempre in attesa del cantiere risolutivo. Questa popolazione lavora, studia,
produce, vive e ha diritto a condizioni adeguate per farlo, come accade in
altre parti d’Italia dove superstrade e autostrade si sprecano e sono perfino
gratuite. E come in altri luoghi d’Europa dove i treni non sono un’incognita.
Non è chiedere troppo, ma il minimo sacrosanto dovuto.