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Abbiamo perso il treno Recuperiamo il binario

di Marco Guggiari

Ci sono precise omissioni alla base del caos che contraddistingue i fine settimana comaschi del mese di dicembre. La città bloccata lo sarebbe decisamente di meno se solo si fosse fatta per tempo quella che, per comodità, potremmo chiamare “operazione treni”. Ma il non pensato e, di conseguenza, il non fatto, hanno prodotto l’imbuto di traffico che tutti viviamo sulla nostra pelle e nei nostri polmoni.

Saremo più espliciti. Da decenni, almeno tre, nei convegni dedicati alla mobilità e negli appelli degli amministratori più avveduti, si parla di stazione di interscambio ad Albate e di parcheggi di corona. Como è una città con un bacino di utenti troppo piccolo per poter ambire a una vera metropolitana e quella leggera ha finora prodotto progetti interessanti sulla carta e molte chiacchiere in aria. In questa condizione, però, si sarebbe potuto almeno ricorrere già da tempo all’uso intelligente dei binari esistenti, degli scambi e di spazi per posteggiare le auto, più facili da reperire in periferia che in centro. Se Comune, Regione e Ferrovie avessero fatto questa scelta, oggi ci ritroveremmo con alcuni risultati importanti: Como sarebbe decongestionata dai serpentoni di macchine in coda, saremmo meno soffocati dallo smog e, da ultimo, ma non per importanza, avremmo fatto un salto culturale, imparando a non arrivare in auto nella convalle.

Non è ancora successo e si è persa una grande occasione. Questa incapacità di agire fa il paio con altri errori commessi sul fronte del trasporto pubblico. Quando, a metà degli anni Settanta del secolo scorso, è stata dismessa la rete filoviaria, lo si è fatto in barba a qualunque capacità di previsione di tipo ambientale e relativa all’evoluzione successiva della mobilità. Quando, sul finire degli anni Ottanta, è stata politicamente accettato il declassamento della stazione ferroviaria internazionale di Como San Giovanni, si è gravemente e colpevolmente sottovalutato l’effetto che ne sarebbe conseguito in termini di marginalità e riduzione di servizi. Quando, avvenuto questo, la giunta del sindaco Alberto Botta aveva spinto per la stazione unica tra Como e Chiasso ma in seguito, nel primo lustro del nuovo millennio, questa opzione è stata considerata irrilevante, si è deciso di non creare sinergie e utilità di pubblico interesse.

Ci fermiamo qui, dopo l’ennesimo sabato di collasso viabilistico. Abbiamo volutamente mischiato cose diverse tra loro, ma in definitiva si tratta di tasselli che avrebbero potuto concorrere a fissare un edificio di mobilità più ordinata e razionale. Così non è stato e, benché sembri improbo tagliare oggi quel traguardo, ribadiamo l’istanza. Amministratori e politici accorti ve ne sono? Muovano un passo avanti e se ne facciano carico.

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