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Abele, Caino e l’abisso del male

di Agostino Clerici

La storia di Caino che uccide il fratello Abele sta all’inizio della Bibbia come narrazione che cerca di spiegare il male che serpeggia tra gli uomini.

Una sorta di archetipo simbolico delle possibili incarnazioni della violenza che trasforma il paradiso delle relazioni nell’inferno delle inimicizie.

L’autore biblico non ha osato dipingere una scena che sarebbe stata ancora più truce e che forse era impensabile entro la sua logica.

Se Caino avesse ucciso non il fratello ma la madre Eva, questo avrebbe significato la fine della stirpe umana. Eppure proprio questa ipotesi non contemplata nel racconto delle origini costituisce per noi l’abisso del male: un figlio o una figlia che uccide il padre o la madre.

Ogni volta che viene innaturalmente reciso quel legame su cui si fonda la trasmissione stessa della vita, dentro di noi si genera proprio quell’angoscia primordiale che l’autore biblico non ha voluto narrare.

La svolta decisa che ha preso l’indagine sulla morte di Laura Ziliani, 55 anni, ex vigile di Temù (Brescia), ha portato all’arresto in carcere delle due figlie Paola e Silvia Zani, rispettivamente di 19 e 27 anni, e del fidanzato della figlia maggiore Mirto Milano, studente universitario di 27 anni. Sarebbero questi tre i principali accusati della morte di Laura, che sarebbe stata uccisa nella notte tra il 7 e l’8 maggio nella sua abitazione di Temù. Questo almeno è quanto ipotizzato dagli inquirenti dopo oltre quattro mesi di indagini. Dunque, saremmo di fronte a due figlie che uccidono la madre, attirandola da Brescia nella casa di Temù, prendendo a pretesto addirittura la festa della mamma.

Le fanno vedere la torta che hanno preparato per festeggiarla e poi durante la notte la uccidono, inscenano una sua passeggiata mattutina nei boschi e ne denunciano ai carabinieri la scomparsa, forse in modo eccessivamente repentino, destando di già qualche sospetto.

I passi falsi secondo l’ipotesi investigativa sarebbero stati molti e i fatti sono ora vagliati negli interrogatori di garanzia dei tre arrestati.

Il movente del delitto sarebbe di natura economica.

Le due figlie e il fidanzato – sempre secondo gli inquirenti – avrebbero avuto un chiaro interesse a sostituirsi a Laura nell’amministrazione di un vasto patrimonio immobiliare, così da ricavarne danaro per risolvere i rispettivi problemi economici.

Paola e Silvia, intercettate, a venti giorni dalla scomparsa della madre, avrebbero parlato di soldi che erano in arrivo così da poter comprare un’auto nuova e fare una vacanza.

Ma non ci sono solo i soldi a motivare un’assurda violenza. C’è anche il pianto a connotare di finzione l’appello televisivo durante la trasmissione Chi l’ha visto in cui le due sorelle, nascoste dietro le mascherine, imploravano che chiunque avesse visto la madre si facesse vivo. La più grande malvagità evidentemente (sempre se le accuse verranno confermate) va a braccetto con le lacrime dell’ipocrisia. Per fortuna, in questa brutta storia, una luce c’è, e si chiama proprio Lucia, la terza figlia di Laura, 25 anni, rimasta estranea all’inchiesta. Mamma Laura era da sempre la sua roccia. Delle sorelle dice: «Non mi fidavo più di loro, ma non pensavo che arrivassero a fare una cosa così brutta». Si direbbe che Abele vive, anche se continua a essere vittima della violenza di Caino.

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