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Accidia, tra i peggiori nemici del cervello

di Mario Guidotti

Viviamo un momento sospeso, giorni uguali, settimane piatte, mesi che si ripetono in attesa di tornare alle nostre vite. Tutto lento a passare ma di colpo ci troviamo proiettati in avanti. Qualcuno ha detto che il tempo della nostra vita scorre come un rotolo di carta: lento all’inizio e molto veloce verso la fine. Più di un briciolo di verità c’è.

Tutti ricordiamo infatti come lentissimo il tempo della nostra gioventù: pomeriggi interminabili, estati eterne, vacanze che non arrivavano e poi non finivano mai, periodo natalizio lontanissimo. Ora, nella stagione autunnale ed anche invernale della nostra vita in un attimo è sera (Copyright Enzo Biagi), sembra di essere sempre allo stesso giorno della settimana tanto queste passano in fretta e in un secondo è già Natale.

È evidente che il tempo è lo stesso, ma cambia profondamente la percezione dello stesso. Si tratta di un fenomeno noto in neurobiologia, legato alla fase evolutiva (ma soprattutto involutiva) del nostro cervello e in particolare alle nostre attività. Infatti, finché noi abbiamo una forte progettualità (anno scolastico, obiettivi sportivi, programmi di vacanze, di crescita, ma anche sentimentali, comunque di sviluppo di un’idea o passione) il tempo è lungo e lento a passare.

Quando la nostra vita si fa invece ripetitiva, con tutte le giornate uguali, con una certa fissità di azioni e di persone che ci circondano, ecco che il tempo passa veloce. Il segreto, si fa per dire, sta nell’attesa, appunto nella pianificazione della nostra vita. Se noi aspettiamo qualcosa con bramosia ecco che “non arriva mai” e il tempo ci sembra dilatato. Se invece viviamo in maniera ripetitiva le nostre giornate il tempo vola.

Se vogliamo quindi metaforicamente “fermare il tempo”, ma anche “afferrare il tempo” dobbiamo tornare ragazzi, quando c’era sempre qualcosa da aspettare. Gli esami, il compito in classe (oggi si  chiama verifica), la fine dell’anno scolastico, il derby a San Siro, la finale di Coppa dei Campioni (oggi si dice Champions), ma anche la telefonata della biondina del terzo banco che non ti filava mai. Mah, direte, che cosa c’è da aspettare adesso che siamo grandi, per non dire attempati? Stesso lavoro, stesse persone, stesso ambiente, stessa spiaggia stesso mare appunto. In realtà la ripetitività ce la creiamo noi. Perché è protettiva, perché in fondo siamo pigri e l’accidia è tra i peggiori nemici del nostro cervello.

Facciamo sempre la strada più breve, indossiamo il capo più comodo, parcheggiamo più vicino possibile (anche se è in seconda fila), diamo la risposta più comoda e veloce, svicoliamo il problema, banalizziamo, rimandiamo, non affrontiamo, diamo del lungo, deroghiamo, cincischiamo, insomma, siamo pigri. Salvo poi lamentarci della ripetitività della nostra esistenza, ma anche della rapidità del passaggio del tempo. Quindi sta a noi afferrare il tempo riempiendolo di programmi, progetti, iniziative, obiettivi sì, anche in questo momento così difficile. Passerà comunque, ma potremo dire di non averlo lasciato vuoto.

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