di Lorenzo Morandotti
Fra poche ore va in archivio l’annus horribilis della pandemia. Ne inizia uno peggiore (dove però si ricorderanno, tramite i relativi centenari, maestri nel racconto dell’animo umano come Dante, Dostoevski, Flaubert)? Oppure vedremo, come predica la frequente metafora di questi giorni di prime vaccinazioni, la luce in fondo al tunnel? Dipende come sempre in gran parte da noi: dal comportamento quotidiano in primis e dalle scelte, dall’atteggiamento che assumeremo nel medio e lungo periodo.
Posto che il vaccino contro ignoranza ed egoismo, ossia l’amore, per quanto più contagioso del morbo non si inietta a comando. Anche se questa orribile esperienza ancora non finita ha tolto a molti la voglia di guardare al di là del recinto dei giorni più prossimi, non aspettiamoci deus ex machina risolutivi, in un Paese che di assistenzialismo già vive troppo, ma la paura irrazionale è altrettanto nociva della speranza immotivata: «nec spe nec metu», scegliamo quindi il motto di Isabella d’Este che piaceva anche al poeta Ezra Pound e al regista Luca Ronconi. Cioè: bando alle facili speranze, ma parimenti porte chiuse al pessimismo nel timore di chissà quale punizione. Sul fronte della cultura la pandemia traccia un solco che per molti operatori sarà impossibile rimarginare, non solo sul fronte economico ma anche nelle abitudini.
Chi ha più voglia di andare al cinema (il divano è tanto comodo…) o a teatro o al museo, mentre centinaia di persone ci lasciano per sempre? Eppure quei luoghi conservano una parte non irrisoria della nostra identità attraverso memorie che è doveroso tramandare intatte, anche se costa fatica e denari. A Pompei si è celebrata giustamente la scoperta di una tavola calda conservata sotto l’eruzione con ancora i resti del cibo nei recipienti (ha ragione chi aborre termini come “street food”). Scoperta che dovrebbe interessare anche i comaschi, visto che sotto lapilli e gas velenosi del Vesuvio incontrò la morte l’erudito Plinio il Vecchio. Il 2021 sarà decisivo per strutturare il bimillenario dell’antenato comasco. La scoperta pompeiana farà tornare la passione per l’archeologia negli italiani, una volta riaperti i cancelli di siti e musei?
C’è da sperarlo ma non basta dormire sugli allori: la retorica del “Paese più bello del mondo”, della mitica meta del grand tour di goethiana memoria dove «fioriscono i limoni» da sola non basta a far rialzare da terra dopo tanti disastri, se non si lavorerà sodo e tutti insieme. C’è tantissimo da fare. Buon anno nuovo a tutte e a tutti.
di Lorenzo Morandotti
Fra poche ore va in archivio l’annus horribilis della pandemia. Ne inizia uno peggiore (dove però si ricorderanno, tramite i relativi centenari, maestri nel racconto dell’animo umano come Dante, Dostoevski, Flaubert)? Oppure vedremo, come predica la frequente metafora di questi giorni di prime vaccinazioni, la luce in fondo al tunnel? Dipende come sempre in gran parte da noi: dal comportamento quotidiano in primis e dalle scelte, dall’atteggiamento che assumeremo nel medio e lungo periodo.
Posto che il vaccino contro ignoranza ed egoismo, ossia l’amore, per quanto più contagioso del morbo non si inietta a comando. Anche se questa orribile esperienza ancora non finita ha tolto a molti la voglia di guardare al di là del recinto dei giorni più prossimi, non aspettiamoci deus ex machina risolutivi, in un Paese che di assistenzialismo già vive troppo, ma la paura irrazionale è altrettanto nociva della speranza immotivata: «nec spe nec metu», scegliamo quindi il motto di Isabella d’Este che piaceva anche al poeta Ezra Pound e al regista Luca Ronconi. Cioè: bando alle facili speranze, ma parimenti porte chiuse al pessimismo nel timore di chissà quale punizione. Sul fronte della cultura la pandemia traccia un solco che per molti operatori sarà impossibile rimarginare, non solo sul fronte economico ma anche nelle abitudini.
Chi ha più voglia di andare al cinema (il divano è tanto comodo…) o a teatro o al museo, mentre centinaia di persone ci lasciano per sempre? Eppure quei luoghi conservano una parte non irrisoria della nostra identità attraverso memorie che è doveroso tramandare intatte, anche se costa fatica e denari. A Pompei si è celebrata giustamente la scoperta di una tavola calda conservata sotto l’eruzione con ancora i resti del cibo nei recipienti (ha ragione chi aborre termini come “street food”). Scoperta che dovrebbe interessare anche i comaschi, visto che sotto lapilli e gas velenosi del Vesuvio incontrò la morte l’erudito Plinio il Vecchio. Il 2021 sarà decisivo per strutturare il bimillenario dell’antenato comasco. La scoperta pompeiana farà tornare la passione per l’archeologia negli italiani, una volta riaperti i cancelli di siti e musei?
C’è da sperarlo ma non basta dormire sugli allori: la retorica del “Paese più bello del mondo”, della mitica meta del grand tour di goethiana memoria dove «fioriscono i limoni» da sola non basta a far rialzare da terra dopo tanti disastri, se non si lavorerà sodo e tutti insieme. C’è tantissimo da fare. Buon anno nuovo a tutte e a tutti.
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