Categories: Opinioni & Commenti

Anche con il Covid resta una presa in giro

di Giorgio Civati

Come ricorderanno i lettori, la questione soldi per noi è fondamentale. E lo è anche in questi disgraziati tempi; intendiamoci, il Covid presenta emergenze e problematiche soprattutto legate alla salute ma, al di là di questi aspetti, tocca da vicino e pesantemente anche l’economia, il lavoro, entrate  e uscite di famiglie e aziende e anche dello Stato.

Questione di soldi, dunque, non per banale voglia di ricchezza ma per semplice sopravvivenza, almeno in molti casi. E, quindi, sono saltati molti “paletti”, tanti criteri, quasi tutti i conti. Per questo sono stati messi in campo ristori e contributi, spostamenti di scadenze fiscali, aiuti e agevolazioni.

Ultima in questa lista l’ipotesi di cancellare qualche milione di cartelle esattoriali. Ben 61 milioni per il periodo 2000-2015 fino a 5mila euro ciascuna, per un controvalore totale di circa 1 miliardo di euro. Forse non una enormità, ma certamente una ingiustizia, a nostro avviso. Di più, una beffa.

Comprendiamo che in emergenza le regole consuete non possano essere applicate, che questo malandato fisco italico potrebbe addirittura spendere più del ricavato da una applicazione precisa e rigida delle regole, e anche che tra questi contribuenti ci siano molti in affanno, anche e soprattutto per il Covid.

Va detto che “giacciono” nei meandri dell’Agenzia delle Entrate qualcosa come 137 milioni di pratiche per tasse e multe non pagate e snellire l’arretrato forse potrebbe permettere di essere più attivi sul resto. Ci sentiamo di aggiungere che, in più, cifre tutto sommato modeste dovrebbero riguardare non i grandi evasori ma gente qualunque, e quindi gente cui si potrebbe anche fare uno sconto. E, però, non possiamo non pensare agli altri: alla gente qualunque che le tasse le ha pagate, ad artigiani, piccoli imprenditori e commercianti che i versamenti li hanno rispettati, magari con fatica. A quelli regolari, che di fronte alla cancellazione delle cartelle esattoriali citata, potrebbero sentirsi presi in giro. E non è una bella sensazione.

In tema di fisco, si tratta anche di psicologia. Chi paga vorrebbe farlo in cambio di servizi decenti, e già qui c’è un problema. Inoltre chi paga vorrebbe anche che lo facessero pure gli altri, il vicino di casa o quello del negozio di fronte. Per equità, correttezza, giustizia sociale. Far ricorso a una “rottamazione” in campo fiscale invece va esattamente nella direzione opposta: crea i presupposti per non far pagare chi l’ha sempre fatto e autorizza un comportamento comunque sbagliato, ufficializza un andazzo alla lunga pesantissimo.

Se nessuno è convinto che “pagare le tasse è una cosa bellissima”, come disse un ministro delle Finanze qualche decennio fa, andrebbe fatto perché giusto, perché lo fanno tutti, perché evadere è comunque perseguito. E invece pare proprio di no. Un condono – perché di questo si tratta – in tema fiscale ma anche urbanistico o altro fa calare il senso dello Stato, del bene pubblico, e visto che di questi sentimenti noi italiani siamo quasi tutti carenti, forse sarebbe meglio cercare altre strade per aiutare i contribuenti poveri e malmessi in ritardo con le loro tasse.

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