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Bambini, ceffoni e vuoto educativo

di Adria Bartolich

Il vicepresidente del consiglio Matteo Salvini, commentando un fatto di cronaca,  ha recentemente dichiarato che «in certi casi i genitori dovrebbero usare anche qualche ceffone». Naturalmente sulla frase si è immediatamente aperta una polemica, come usualmente succede praticamente su tutto nel nostro Paese, con qualcuno che ha criticato l’invasione di campo  di Salvini in questioni  di carattere scientifico e specialistiche, quelle della pedagogia, mentre  altri hanno invece sostenuto la correttezza di un’educazione più severa, e in alcuni casi particolari, con interventi punitivi, sberlone compreso.

Il dibattito sui temi dell’educazione oscilla ormai tra una generica e giusta difesa  di principi generali, con motivazioni più che valide, il rispetto del bambino  come persona e  la necessità di un’educazione che passi attraverso il dialogo e non l’imposizione. Tutti principi assolutamente condivisibili. Tra le poche certezze che abbiamo c’è quella di sapere, per dati statistici e studi, che crescere in un clima violento certamente nuoce ai bambini e alla loro educazione.

Non si tratta qui di scegliere tra educazione repressiva o educazione permissiva, bensì il tema è come affrontare situazioni impreviste nelle quali i  giovani compiono atti gravi, più o meno consapevolmente, e su come intervenire in questi casi, sia da parte della scuola che della famiglia. Seppur ovviamente distinguendo modi e ruoli che, per ovvie ragioni, non possono essere uguali  ma devono convergere verso un unico obiettivo.

Prima che accada un fatto grave, inoltre, non sempre c’è tempo di discutere coi ragazzi di quello che potrebbe succedere e su quali  potrebbero essere le conseguenze dei loro atti.

D’altra parte non possiamo nemmeno pensare di delegare per intero l’educazione dei ragazzi a figure specialistiche, mentre invece questa è la tendenza imperante.

Qualche giorno fa un bambino di 7 anni  ha prima tirato un coltello contro la maestra, poi le ha dato una testata sul viso. Sempre in questi giorni, una bambina di carnagione scura in un video denuncia il disprezzo con cui la trattano i compagni che la isolano.  Sono solo gli ultimi di una serie di episodi.

In nessuno dei due casi erano intervenuti  scuola o  genitori a fermare i bambini. Qui non si tratta di fare  un confronto tra scuole di pensiero. Siamo alla scelta  tra il nulla e qualche cosa. I genitori si devono assumere le loro responsabilità che sono  affettive, morali ed educative, il cui vuoto non può essere colmato o  risolto dagli  specialisti dell’educazione.

Il ceffone certo non può essere considerato un buon metodo educativo, ma piuttosto dell’assenza totale, quanto meno è una manifestazione d’interesse.

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