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Banchi rotanti e alabarde spaziali

Adria Bartolich

La scuola è iniziata, dopo mesi di chiusura, con grande fatica e sotto pressione. Da tempo ormai è al centro di polemiche e discussioni infinite su qualsiasi cosa,  dai poveri ragazzi privati dei loro rapporti sociali ai concorsi più o meno riservati per gli insegnanti, disinfezioni, mascherine, banchi rotanti  anche e per fortuna mancano le alabarde spaziali, ma quasi ci siamo. In questa fase i più tranquilli sembrano essere proprio i ragazzi, che raccontano senza grandi traumi del  lockdown, salvo rare eccezioni, vissuto tranquillamente, anzi, perfino come un periodo di libertà.

I loro traumi da chiusura sembrano a questo punto più le proiezioni di noi adulti che altro. Non hanno avuto nemmeno grandi problemi ad abituarsi alle nuove regole.

La fatica è tutta nell’organizzazione che il virus ha ulteriormente appesantito  e che fa esplodere tutti i problemi ormai calcificati del nostro sistema scolastico, che sono:

1) la confusa commistione tra autonomia e direzioni ministeriali che si traduce in un mare di comunicazioni pressoché ingestibili e spesso in contrasto tra di loro.  Insomma, troppa carta;

2) le troppe competenze diverse che sulle scuole  pesano, spazi agli enti locali, didattica  generale e reclutamento al ministero,  handicap  all’ex provveditorato, ma anche  le continue autorizzazioni da chiedere ai genitori per tutto, privacy, esoneri, uscita autonoma e chi più ne ha più ne metta;

3) la dimensione esagerata di alcuni istituti e la mancata regolamentazione  di figure direttive e di supporto al dirigenti;

4) la rigidità del rapporto di lavoro e se vogliamo dirla tutta anche un eccesso di tutele, che ostacola nei fatti la possibilità di selezionare il personale,  demandata ad astratte norme che consentono  a professionalità limitate, che per fortuna non sono la maggioranza, di rimanere nella scuola nonostante tutto, semplicemente cambiando istituto;

5) da ultimo, ma in realtà è il problema più grosso, un sistema di assunzioni  in vigore da una trentina di anni , che produce precari in continuazione, non garantisce  la professionalità – perché non basta il punteggio di laurea a fare un buon insegnante – ma soprattutto non assicura mai l’avvio delle lezioni con la presenza di tutti gli insegnanti necessari.

Già, perché anche quest’anno in molte scuole si parte con la metà dell’organico, nonostante il concorso e nonostante la  neo introdotta “chiamata veloce”.

Il problema non è la velocità della chiamata bensì che alla chiamata risponda qualcuno e soprattutto che poi costui si presenti  e faccia lezione. Tutto come al solito , quest’anno più il Covid. Per fortuna esiste  ancora la buona volontà.

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