Categories: Opinioni & Commenti

Basta toni bellici, non siamo in guerra

di Mario Guidotti

Questa pandemia è stata tale anche sul versante della comunicazione. Ricordate il termine infodemia? Circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non verificate. Siamo stati martellati da frasi storiche, di incoraggiamento, di consolazione. Vi ricordate: “Andrà tutto bene”? “Ne usciremo migliori”? Ma anche “è una guerra”.

Biden ha rilanciato indirettamente questo concetto ricordando un dato impressionante: negli Stati Uniti il Covid ha fatto più morti delle ultime guerre insieme. Mah, forse più corretto dire che molti sono morti “con” il Covid e non solo “per” il Covid. Anziani fragili con pluripatologia, malati neoplastici, bronchitici cronici, tra questi abbiamo contato non tutti ma i maggiori defunti, anche se il dato non alleggerisce il carico di dolore né il lutto. Ma, a parte la mimetica del Generale Figliuolo (perché la indossa?), non è una guerra.

Non solo per la mancata repressione dell’evasione delle norme anti-contagio. Amici della forza pubblica raccontano di sberleffi, alzate di spalle e marameo all’ingiunzione di non assembrarsi: voi l’avreste visto fare in guerra? Ma vorremmo stare, per rimanere sulla similitudine bellica, sull’argomento vaccini. Bene, in guerra, e sono dati storici oltre che racconti di famiglia, la prima (o seconda) azione di un governo, democratico e non che sia, è quella di requisire industrie e riconvertirle alle necessità appunto della guerra: armi, munizioni, navi, carri armati, ma anche vestiario per i soldati, medicine. Appunto farmaci.

Non vi sareste aspettati che se fosse una guerra (e i morti, per parole del Presidente Usa, sono stati anche di più) i governi nazionali ed anche sovranazionali avrebbero requisito o comunque commissariato le industrie farmaceutiche inducendole a produrre vaccini e farmaci anti-Covid? Nei modi, costi e volumi che servivano. Cosa che attualmente abbiamo visto mancare totalmente. Quella che si è invece palesata è stata una totale libertà di mercato, legittima badate bene, anzi democraticissima, sia nei modi sia nelle tariffe. Se invece guerra fosse, la Nato, per fare un esempio, proteggerebbe chi ne fa parte. Non esisterebbe che i vaccini vadano a chi li fa prima, o a chi li compra rapidamente o a chi li paga di più. Perché le armi e le munizioni sarebbero appunto i vaccini.

Aggiungiamo, per stare al caso Como e provincia: i punti vaccinali sarebbero a costo zero per la comunità, non a prezzi di mercato.

Continuiamo quindi con gli attuali comportamenti nazionali, anzi campanilistici (vedi le decine di sistemi sanitari regionali del nostro Paese, dove c’è chi ha vaccinato il 31% e chi il 14%, nota bene, solo di alcuni gruppi), ma per favore due cose. Prima: aboliamo o rendiamo più leggeri, e meno costosi, organismi come appunto Nato, Onu, Oms e compagnia inutile. Seconda: dateci una comunicazione più essenziale, meno ampollosa e retorica, nonché carica di metafore che non solo non incoraggia ma, visti i risultati, innervosisce anche.

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