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Bocciati in aumento, problema strutturale

di Adria Bartolich

I dati non sono ancora ufficiali, ma pare che quest’anno ci sia stata un’impennata  di bocciati nelle scuole in tutti gli ordini, in particolare nel biennio delle superiori. Colpa della pandemia, si dice. L’anno scorso l’invito del ministro Azzolina a non bocciare ne aveva limitato il numero. Quest’anno, con la liberalizzazione delle bocciature, il numero dei respinti avrà un incremento, così come ci sarà un aumento dei debiti da recuperare.

Ora, a meno che il virus abbia tra gli effetti anche la diffusione  del rimbambimento, effetto che mi pare di dovere escludere non essendo suffragato da elementi scientificamente provati, il dubbio che  viene è quello di trovarci, invece, di fronte all’ampliamento di un problema preesistente al Covid, che quest’ultimo ha solamente fatto emergere amplificandolo.

L’aumento dei respinti nella cosiddetta scuola dell’obbligo, che ricordo va dall’avvio della scuola primaria ai primi due anni di scuola superiore, segnala una cosa ben diversa dalla semplice indolenza o disimpegno, che almeno teoricamente non avrebbe senso che esistesse solo nella Dad e non nella scuola in presenza: indica infatti quanto pesino le situazioni di provenienza dei ragazzi nel loro rendimento scolastico e probabilmente anche le differenze territoriali nella possibilità di intervento  sui problemi delle scuole.

Il campione di istituti utilizzato dal Ministero per la rilevazione provvisoria comprende 200 scuole di Emilia Romagna, Marche, Veneto, Puglia, Lombardia e Campania, per un totale di 11.779 studenti.

Mettendo insieme il dato dei respinti con quello dei debiti da recuperare, arriviamo al 37 % di alunni con difficoltà di apprendimento solo alle superiori, cioè più di 1 su 3.

Un folto gruppo di costoro pare avere completamente mollato e smesso di frequentare . Il maggior numero di ripetenti si registra nei licei e negli istituti professionali, vanno meglio quelli tecnici. A questo aggiungiamo che già i numeri della dispersione scolastica, in Italia, sono più alti della media europea anche senza Covid e, seppur migliorati negli ultimi anni, vanno dal 9,6% nel nord-est al 16,7% nel sud con una media del 13% contro il 10 % dell’Unione europea. Certo, ci potrebbero essere stati dei contraccolpi psicologici, anzi, sicuramente ci sono stati, ma il tema centrale sembra essere quello di un problema strutturale che la pandemia ha solo acuito, e che cosa abbiano potuto fare le scuole, e i servizi di prevenzione del disagio scolastico, per supportare gli studenti in questa situazione.

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