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Campo Urbano, l’utopia in piazza

di Lorenzo Morandotti

Come si calcola la distanza tra un’opera d’arte contemporanea e il pubblico? Quanto conta il gusto personale di ciascuno e che ruolo hanno gli intermediari, i galleristi, i musei, i collezionisti, le riviste? Di questo si discute a Como, città orfana ormai da anni di mostre di grande richiamo mentre tiene, a onore degli organizzatori, la bandiera dell’arte tessile internazionale la manifestazione “Miniartextil” ormai alle porte  che ha rinomanza europea consolidata.

Si parla di arte e pubblico perché arriva una ricorrenza che aspettavamo da mezzo secolo. Il 21 settembre 1969 andò in scena “Campo Urbano”, l’evento artistico a cura di Luciano Caramel che occupò alcuni significativi spazi pubblici di Como con interventi effimeri dirompenti al punto da scatenare polemiche nell’opinione pubblica comasca. Altri tempi, altri contesti, in cui si voleva la creatività e l’intelligenza al potere, ma ancora attuali perché quell’evento, documentato da splendide foto in bianco e nero, ha fatto scuole e ha fatto storia nel contesto dei moti popolari di fine anni Sessanta. Sarà rievocato da un convegno e da una mostra, “Campo Umano”, con la voce dei protagonisti ancora viventi, il 21 e 22 settembre a cura della Fondazione Ratti  a Villa Olmo, luogo simbolo della cultura comasca ancora oggi, anzi in cerca di identità proprio sul fronte delle mostre. Un cerchio che si chiude dopo mezzo secolo, in un certo qual modo. Ma l’arte riguarda tutti o solo una élite danarosa e con tempo da perdere? È una mera esercitazione intellettuale o è un’azione capace di incidere nel tessuto sociale? Tra i protagonisti di “Campo Urbano” vale la pena ricordare Iso Parisi. Nel 1991 il grande designer comasco d’adozione  realizzò in piazza Cavour la provocatoria installazione di un’auto imprigionata in un cubo di cemento. Quell’opera – d’arte a tutti gli effetti anche se con un forte impegno sociale e politico – può ben rappresentare, ancora oggi, ciò che gli automobilisti lariani e i turisti ospiti in città devono patire quotidianamente, come raccontano le cronache. Viabilità e parcheggi sono problemi in primo piano da sempre nel capoluogo. Tant’è vero che un tempo la stessa piazza Cavour, definita il “salotto buono” dei comaschi, venne utilizzata come parcheggio. Quello di Ico Parisi fu un grido d’allarme per una città assediata dalle auto e dal traffico caotico con relativo inquinamento per polmoni ed orecchie. Un problema ovviamente non solo comasco, ma che sembrava raccontato su misura in modo quasi sartoriale per Como. Un grido profetico. E, sempre in vena di iperboli, Ico Parisi, oltre ad ambientare una delle sue celebri “utopie” urbane proprio in piazza Cavour, vi realizzò una contestatissima installazione  nel 1994: era fatta di spazzatura opportunamente imballata – con il benestare dell’azienda locale che ne curava lo smaltimento. Con il senno di poi, vista l’emergenza ecologica mondiale, gli va riconosciuta una medaglia di profeta. E come tale inascoltato in patria.

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