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Cattedre vuote e trasferimenti

di Adria Bartolich

Tra le tante sigle delle associazioni di categoria a tema, esiste anche il Coordinamento Nazionale Docenti Abilitati, una cui esponente ha dichiarato che il fenomeno delle cattedre vuote e della cronica assenza degli insegnanti nelle regioni del Nord Italia sarebbe da attribuire a quanto previsto dal Decreto Legge n. 126/2019, poi convertito in legge, che prevede il blocco quinquennale di tutti i neo-immessi in ruolo.

Occorre sottolineare che esso non riguarda le assegnazioni provvisorie che garantiscono annualmente comunque un rapido spostamento a fronte di ragioni personali – per esempio, il ricongiungimento familiare – e che è stato varato per arginare i continui spostamenti di insegnanti i quali, immediatamente o quasi, dopo l’immissione in ruolo chiedevano di tornare nelle loro zone di provenienza.

In realtà, almeno fino alla legge sulla Buona scuola, anno che vide la più grande assunzione di massa di precari dell’ultimo decennio, una regolamentazione c’era e si trattava della permanenza di tre anni in una sede dopo l’assunzione in ruolo, spesso comunque corretta da assegnazioni provvisorie e utilizzi.

Dopo la Buona scuola, anche se non a causa di essa, vennero pressoché liberalizzati i trasferimenti e concesse le assegnazioni provvisorie degli insegnanti di ruolo anche sui posti di sostegno, cosa che produsse una migrazione di massa verso il Sud e un aumento vertiginoso, soprattutto in alcune zone del Paese, di certificazioni di disabilità.

I posti del Nord appena riempiti si svuotarono e da cinque lunghi anni non sono più stati riempiti.

Naturalmente quanto sostenuto dal Coordinamento di cui sopra evita accuratamente di fare la cronistoria di quanto è successo prima del decreto, costretto a normare per legge quello che non si riusciva a concordare nella contrattazioni tra le parti, Miur e sindacati.

L’intricato meccanismo fa il paio con il sistema altrettanto pernicioso delle assunzioni. Non solo: oltre al Decreto ciò che impedirebbe la copertura delle cattedre al Nord sarebbero gli stipendi troppo bassi, condizione che evidentemente riguarda anche gli insegnanti del Nord. In sintesi, siccome la condizione salariale non ci soddisfa, chiediamo di tornare a casa dove la rete famigliare garantisce un diversa copertura.

C’è da chiedersi a questo punto perché gli insegnanti del Nord dovrebbero invece accontentarsi dei loro salari, visto che il costo della vita è più alto, e anche se i sindacati possono continuare a barattare assunzioni numerose con stipendi insufficienti.

I fautori di queste rivendicazioni siano consapevoli del fatto che questi fini ragionamenti aprono un’autostrada alla richiesta di gabbie salariali.

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