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Come i Bronzi di Riace ma serve una visione

di Lorenzo Morandotti

Il tesoro in monete d’oro di via Diaz è la versione lariana dei Bronzi di Riace, una scoperta che attira, catalizza, conquista, suscita curiosità e domande. Bastava vedere l’entusiasmo con cui i comaschi hanno risposto all’appello di Comune, Società Archeologica e Soprintendenza ieri pomeriggio per intuirlo: voglia di cultura, di sapere, di bellezza, di mistero anche. Una biblioteca così gremita (184 posti a sedere e tanti in piedi) in un giorno feriale per una lezione di archeologia viva  promette  bene anzi benissimo. Siamo forse a un punto di svolta, dopo tanti cieli foschi alla fine l’arcobaleno ha portato a scoprire una pentola d’oro? Presto per dirlo ma sperare non costa nulla. Dopo tante immagini di pavimentazioni di cocciopesto e murature e il racconto della costante lotta quotidiana  con la falda acquifera a suon di idrovore che ogni cantiere in città conosce bene, la sensazione  è che la scoperta delle monete equivalga a un tunnel spaziotemporale. Permette di capire meglio come vivevano i primi cittadini del capoluogo,  l’assetto della Como romana e ciò che le è seguito. Oltre al valore intrinseco della scoperta numismatica, c’è anche questo valore aggiunto che non è assolutamente secondario, e lo si capirà ancor più con i risultati delle analisi in corso e poi con la mostra  delle monete programmata al Museo Giovio nel 2020.

Ma attenzione, perché se desideri e poi il sogno si avvera devi esserne all’altezza e non farti trovare impreparato: serve insomma  un salto di qualità, un percorso complessivo di rivalutazione del patrimonio archeologico cittadino, di quello già evidente e storicizzato e di quello che il tempo e la voglia di scavare offrono ai nostri occhi.  Va costruito un nuovo racconto, serve una visione d’insieme che possa far fruttare simili giacimenti anche sul fronte del turismo culturale. Si diceva dei Bronzi di Riace, ovviamente a mo’ di provocazione ma anche  di esempio. Ci aiuta a pensare letteralmente in grande in questi giorni su Facebook un disegno dell’architetto Francesco Murano, comasco noto nel mondo come maestro nell’illuminazione di grandi mostre d’arte.  Ha postato  una proposta di allestimento per i celebri bronzi. Murano in questi giorni cura le luci della mostra di Canova a Palazzo Braschi a Roma (aperta fino a marzo 2020) e  per  quella di Elliott Erwitt al Mudec di Milano (pure fino a   marzo) e quindi è autorità in materia sulla base dell’esperienza accumulata. È un esempio di quel “pensare in grande” che Como di fronte a ritrovamenti come il tesoro romano in monete  e in persistenze archeologiche di via Diaz, che apre nuove prospettive di indagine sulla città, deve potersi finalmente concedere. Capita e raggiunta, questa consapevolezza sarà il vero tesoro di Como.

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