Categories: Opinioni & Commenti

Como e il futuro: sognare si deve

di Giorgio Civati

Sognare si può oppure si “deve”? Staccarsi ogni tanto dalla
quotidianità, mettere da parte almeno per un momento buche per strada, erbacce,
servizi pubblici inesistenti e soldi che scarseggiano, è solo fuga dalla realtà
o piuttosto un esercizio per rendere migliore questa nostra realtà? La domanda
è di quelle epocali, eppure ogni tanto va posta. Lo diciamo noi, che spesso
focalizziamo l’attenzione sulle piccole cose, sui tanti e fastidiosissimi
inghippi quotidiani, sulle mancanze minute che però sommate fanno un grande
disagio, e lo diciamo – sognare è necessario – prendendo spunto da una comasca
cui questa dote di certo non manca. Arianna Minoretti è infatti una giovane
donna comasca, laureata in ingegneria, che la vita professionale ha portato nel
Nord Europa. Il suo è un trasferimento positivo, di successo, visto che in
Norvegia si occupa di ingegneria e in particolare sta progettando un ponte
sommerso per collegare meglio e più in fretta fiordi, isole e penisole di
quella parte del mondo. Il cosiddetto “ponte di Archimede”, struttura sommersa
ma non appoggiata sul fondo, galleggiante sotto il livello del mare. Un’opera
fuori dall’ordinario. Un sogno, forse non in Norvegia ma di certo a Como e
dintorni. Ma Arianna Minoretti è anche l’occasione per sognare un po’ di più:
richiamata a Como dall’Ordine degli Ingegneri 
di Como, Minoretti domani mattina sarà la relatrice in un convegno
dell’associazione professionale, in via don Guanella, e parlerà di mobilità, di
soluzioni tanto innovative quanto difficili da realizzare, sicuramente anche ci
calcoli strutturali e costi, ma – ne siamo convinti – tratterà soprattutto di
sogni. Sogni difficili, ma possibili. Come un tunnel subacqueo per togliere
traffico dalle strade, che se non è un sogno poco ci manca. Solo che lei, la
quarantenne ingegnere, ci sta lavorando in concreto. Una visione che sta
diventando realtà. Vero, tutto ciò accade nel profondo Nord dell’Europa.
Norvegia, non Como. Eppure l’idea può far bene anche al Lario. Il confronto –
impietoso, diciamolo – può essere da stimolo. Pur restando in prima fila nel
chiedere asfalti migliori, aiuole più curate, giochi per i bimbi negli spazi
pubblici non rotti e via di questo passo, non possiamo essere insensibili al
fascino del pensare in grande. Un tunnel sotto il lago? Un’arena galleggiante
per eventi e spettacoli? Nuovi quartieri, magari in quella Ticosa così
tristemente immobile?  Magari qualcosa o
forse anche tutto risulterà impossibile, ma almeno proviamo a pensarci. Anzi,
pensiamo in grande. Proviamo a immaginare un futuro diverso, migliore,
addirittura azzardato per questa nostra città e per questo territorio. Piste
ciclabili a sbalzo sul lago, eventi, urbanistica, turismo, industria, cultura e
storia possono essere banali soluzioni a problemi contingenti oppure occasioni
per tentare – tentare, almeno – un passo in avanti forte, deciso, di rottura
con un passato lento se non immobile. Proviamo a sognare. Male che vada, non
costa nulla.

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