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Como, trent’anni di media classifica

di Giorgio Civati

E dunque è Milano la città italiana dove si vive meglio. Lo
ratifica il quotidiano economico “Il Sole 24 Ore” che, qualche giorno fa, ha
diffuso i risultati dell’indagine giunta ormai alla trentesima edizione e che,
valutando molteplici parametri, incorona il luogo della Penisola in cui la
qualità complessiva della vita è più alta.

È una buona notizia, o forse lo è solo a metà. È una buona
notizia perché Como in fondo è periferia del capoluogo meneghino, ci si arriva
velocemente – traffico e code e treni del secolo scorso permettendo, vabbè – e
sono parecchi i lariani che gravitano su Milano oltre che per questioni di
lavoro anche per svago, cultura e tempo libero. Non lo è poi tanto, una buona
notizia, perché il confronto con Como è comunque impietoso: 40° posto per la
città di Volta e di quel lago ammirato in tutto il mondo ma anche delle paratie
costosissime e ancora di là da venire dopo decenni, della tangenziale monca,
delle strade malmesse, di quello stesso lago che affascina lasciato troppo
sporco, della Ticosa come altra grande incompiuta, in un elenco che potrebbe
continuare.

Insomma, rilevare che Como galleggia intorno alla metà della
classifica dell’indagine sulla qualità della vita non è una grande
consolazione. È vero che nel 1990, primo anno di questa analisi, era al 41°
posto e che non siamo mai andati molto su e nemmeno giù, ma questa
considerazione non fa che peggiorare la nostra sensazione. Una sensazione di
mediocrità, di inadeguatezza, di mancanza di visioni e strategie, di carenza di
grandi progettualità, di pecche magari piccole ma continue, che restano
irrisolte negli anni e addirittura nei decenni. Se, infatti, Como e il Lario
hanno un successo sempre più ampio di immagine con apprezzamenti a livello
planetario, questo succede “nonostante” i comaschi. Nonostante tutti noi.

Trent’anni di media classifica nella qualità della vita, tra
ricchezza e ambiente, sicurezza e sociale, significano che questo siamo. Che
non brilliamo. Che meglio sarà dura fare anche in futuro. Altra considerazione
sconsolante: tre decenni significano almeno un paio di generazioni di politici
e amministratori, dalla Dc alla Lega passando per Psi e 5 Stelle. Vecchie sigle
ormai sparite e nuovi schieramenti apparentemente rampanti. Ma poco è cambiato.
Quasi niente. Qualcuno tra quelli che ci amministrano e ci rappresentano ha
ottenuto qualcosa – la terza corsia dell’autostrada per esempio – e qualcun
altro è finito inquisito, ma fatti salvi i casi singoli in bene o in male, Como
ci pare statica.

Colpa di tutti e quindi di nessuno? Chissà, quel che ci pare evidente è che Dio o il caso, secondo le convinzioni personali, ci ha dato molto. E che noi comaschi sappiamo fare poco di più se non vivere di rendita. Peccato, anche perché pure le rendite più cospicue prima o poi possono finire.

Redazione

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