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Contratti fermi ai tempi di Cartagine

di Adria Bartolich

La scuola sta sopportando un grande disagio, certo non è sola. Molte attività subiscono lo stesso altalenante andirivieni di decisioni, contagi, problemi organizzativi, e altri ancora anche le pesanti ricadute economiche delle chiusure a causa dell’epidemia in corso.

Sulla scuola, però, ci sono un’attenzione e uno stato di emotività che su altre istituzioni o attività non esistono. Sembra che la scuola sia diventata un catalizzatore di proiezioni ed emozioni positive o negative.

Se a marzo, durante il primo lockdown, la speranza di uscirne presto aveva portato le persone a rappresentare l’attesa di una veloce inversione di rotta con una serie di riti scaramantici, cartelli e canzoni su finestre e balconi all’insegna dell’“andrà tutto bene”, le chiusure più recenti, alquanto incostanti, in concomitanza con la curva dei contagi che fatica a scendere, hanno visto una sorta di disincanto. Non siamo sicuri che “andrà tutto bene”, né sappiamo quando tutto ciò potrà finire.

C’è uno stato d’ansia generalizzato che si percepisce anche senza bisogno di particolari rilevazioni statistiche. A marzo, quando scadrà la proroga ai licenziamenti, molte persone probabilmente perderanno il posto di lavoro artificiosamente mantenuto operativo pur in presenza di crolli della domanda e degli incassi.

Aperture e chiusure danno la misura di quanto sia difficile contenere e tenere sotto controllo l’epidemia, cui si aggiunge la non chiarezza sulla reale portata dei contagi, ma anche un incomprensibile ritardo nell’adozione di misure radicali volte a riportare la situazione almeno a una parvenza di normalità.

Tutto il nostro assetto istituzionale è sotto stress, riforme pensate e adottate sotto l’impulso del momento hanno mostrato tutti i loro limiti.

Confusione, sovrapposizione delle competenze ma anche tagli orizzontali privi di senso e irrazionali, nella scuola come nella sanità, e modus operandi datati impediscono, soprattutto ora, un efficace funzionamento di molte strutture, che visioni politiche orientate alle necessità momentanee del consenso accentuano.

Mancano insegnanti e viene presentata la chiusura del concorso entro il 2021 come un successo. Sul piano didattico si è ormai sperimentato di tutto: didattica in presenza, a distanza, mista, sincrona e asincrona; sforamenti di ore e anche dal profilo professionale.

Il tutto senza che si sia pensato di mettere mano a una revisione complessiva e organica del contratto che ormai sembra quello dei lavoratori di Cartagine.

Forse confidando che il virus duri poco. E speriamo che sia così. Ma se andasse per le lunghe?

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