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Contro droga, alcol e sballo insegnare ad affrontare il dolore

di Mario Guidotti

Forse perché sottovalutato, o magari sopportato come inevitabile prezzo da pagare da parte di una società disattenta e sciatta, ma sta di fatto che, come un fiume carsico, il fenomeno droga è ritornato in superficie e sta ammorbando giovani e meno giovani. Secondo alcuni il guaio nel quale siamo messi è pari agli anni ’70, quando una buona parte di una generazione si era bruciata vita, cervello e futuro in un mare di eroina ed Lsd.

Il  consumo di stupefacenti è riesploso, i morti per overdose stanno aumentando vertiginosamente, l’età media degli iniziati è crollata. Ci sono elementi per allarmare un’intera classe dirigente, per mettere sull’attenti il mondo della cultura, della sanità, dell’istruzione e quello politico, se si concentrasse un attimo sui veri bisogni dei propri cittadini. E invece il fenomeno è confinato alle pagine di cronaca nera, agli orrori del bosco di Rogoredo o di qualche altro teatro della morte.

Rispetto agli anni ’70 è cambiato il palcoscenico e si è trasformato l’approccio. Allora la droga rappresentava l’idea di libertà di una generazione che credeva di essersi emancipata dalle catene del passato, non accorgendosi che consegnava le proprie volontà al mercato della morte. Ora il fenomeno è diverso, ci siamo talmente ubriacati di libertà negli ultimi decenni, al punto che non sappiamo neppure che cosa farcene. Abbiamo licenziato Dio, come cantava De Andrè, ed insieme le autorità, le regole, le istituzioni, la cultura, la conoscenza, la competenza, la scala dei valori, ed allora dobbiamo pur metterci qualcosa in questo vuoto che resta.

Avanti quindi lo sballo, lo cerchiamo con qualsiasi cosa: cocaina, anfetamine, ecstasy, shaboo, alcool a fiumi. Dicono si tratti di una vera mutazione antropologica, alla base di una crisi totale. Non ci sono sostanze psicotrope meno pericolose di altre in questo senso, perché il vero dramma è la dipendenza da qualcosa che debba estraniarci dalla coscienza. Si chiami metanfetamina o “binge drinking” poco cambia.

Siamo più liberi alla fine di tutto questo? E dove sta l’inizio, dove risalire? Il capo della Polizia afferma che il 98% delle persone che arrivano a sostanze mortali hanno iniziato da quelle considerate di evasione. Ma non è questa, per una volta vi prego, la polemica che ci interessa ma, come sostiene il giornalista Antonio Polito, la vera riflessione ineludibile è perché diamo per scontato che la fuga dal male debba avere l’aiuto e il conforto di una sostanza. E, aggiungiamo noi, altre soluzioni ormai alla portata legale, che rappresentano sempre una scappatoia.

Se vogliamo eradicare il fenomeno della dipendenza dobbiamo insegnare ai nostri ragazzi, ma anche alle nostre donne e uomini adulti, che il dolore va affrontato e attraversato. Altrimenti si cade in soluzioni che presentano costi immani e talora mortali. È ora di dire basta allo sballo, alla fuga dentro di noi dalle cose che in realtà sono fuori. Insegniamo poi a chiedere aiuto a chi è nel dolore, e soprattutto, se questo ci viene sollecitato, non neghiamolo.

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