“Deve venire in sede” “Non esiste, lavoro da casa”: scatta il nuovo decreto lavoro | Il dipendente ha sempre ragione

Uomo davanti al pc che riceve una telefonata dal datore di lavoro

Lavoro da casa - corrieredicomo.it

Un’importante sentenza mette finalmente in chiaro i diritti del dipendente nello svolgere lo smart o full working.

Del lavoro da casa si parla da anni. Ne parlano i genitori che devono incastrare orari e impegni, chi si prende cura di familiari non autosufficienti e chi, ogni mattina, passa due ore nel traffico solo per arrivare in ufficio. Ma, come sempre, i favorevoli sono soprattutto i lavoratori.

Per molti datori di lavoro, invece, questa formula resta un tabù, una scelta che – se mal gestita – rischia di far perdere il controllo della produttività. Anche perché c’è chi, forse, del lavoro da casa tende ad approfittarsene. O forse sono i titolari a non accettare l’idea di non poter ‘vedere’ chi lavora.

Fatto sta che una nuova sentenza è pronta a cambiare le carte in tavola, riconoscendo a chi ne ha davvero bisogno – e non se ne approfitta – il diritto di lavorare da casa.

La sentenza sui diritti dello smart working

Non molto tempo fa è successo quello che molti sognano: una donna ha ottenuto il diritto di lavorare da casa per sempre. Non per scelta del capo o per un accordo temporaneo, ma per sentenza. Dopo 23 anni nella stessa banca, impiegata nel settore dei mutui, la lavoratrice si è vista improvvisamente chiedere di rientrare in ufficio due giorni a settimana. Peccato che, per lei, significasse due ore di viaggio al giorno e la rinuncia alla possibilità di gestire i figli.

La banca ha giustificato la decisione parlando di ‘spirito di squadra’ e collaborazione, ma la Fair Work Commission in Australia non ha trovato motivi validi per negarle lo smart working, soprattutto considerando che per anni aveva svolto le stesse mansioni da casa senza alcuna criticità. Così è arrivata la decisione storica: la donna australiana potrà continuare a lavorare interamente da remoto. Un verdetto che segna un punto di svolta, ma che fa riflettere e al contempo domandarsi: in Italia valgono le stesse regole?

mani di una persona sulla tastiera del pc
Legge e diritti sullo smart working – corrieredicomo.it

La legge dello smart working in Italia

Da noi, le cose sono diverse. Nessun dipendente ha un vero diritto allo smart working, e nessun datore è obbligato a offrirlo. Tutto si gioca su accordi individuali o contratti aziendali, e anche in questi casi ci sono margini stretti. Solo alcune categorie – come chi assiste familiari disabili o ha figli piccoli – possono avere priorità, ma non garanzie assolute.

In sostanza, in Italia il lavoro da casa resta una concessione, non un diritto. E sebbene la pandemia abbia dimostrato che la produttività non crolla tra le mura domestiche, la fiducia sembra ancora un lusso raro. Forse, per arrivare a una sentenza come quella australiana, servirà prima un cambiamento culturale – più che una legge.