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Due dirigenti distinti per gestione e didattica

di Adria Bartolich

Una scuola di qualità, ma anche di quantità, costituisce la spina dorsale di un Paese democratico. Ai  nostalgici della scuola del tempo che fu occorre ricordare sempre che formava tre gatti, seppur straordinari  forse, ma sempre tre gatti, e che  in un Paese civile occorre garantire un’istruzione diffusa  e orientata a recuperare anche i ragazzi in condizioni sociali  e umane di difficoltà, perchè così si deve fare in un Paese dove lo Stato non è un erogatore di punizioni e sanzioni ma uno strumento utile al miglioramento della vita dei suoi cittadini.

Alla consapevolezza dell’importanza  che ricopre e del ruolo educativo e formativo che deve svolgere, perciò,  la scuola deve sempre unire un’altra consapevolezza, quella di essere un potente mezzo utile a garantire i diritti di cittadinanza e anche un servizio che, con una certa flessibilità, fornisca strumenti tali da supportare e sostenere i ragazzi nella loro crescita complessiva.

Per fare tutto questo ha bisogno di investimenti, risorse, attenzione e, al contempo, che attorno a sè vengano ridotti al minimo la demagogia, le posizioni strumentali e il perseguimento di obiettivi che prescindano dalle reali esigenze educative dei ragazzi. In altre parole, meno la politica mette mano a contenuti  e interventi sulla didattica, meglio è  per tutti.

La scuola deve avere un rapporto con la società, parlare con il territorio, ma deve anche  difendere con le unghie e con i denti quelle che sono le sue prerogative. L’ossessione per la rendicontazione e la preoccupazione per le responsabilità, produce un’inondazione  di autorizzazioni, progetti, domande e  moduli che vanno da chi va a prendere a scuola il bambino, a interventi specifici, all’accesso ai fondi sempre più risicati.

Moltiplichiamo le richieste per il numero di ragazzi e famiglie e abbiamo il quadro chiaro del delirio burocratico nel quale siamo immersi, con un frazionamento di interventi e  delle attività tale che viene da chiedersi quale  sia poi, davvero, la scelta didattica ed educativa della scuola. I dirigenti fanno quello che possono, strattonati tra  bilanci, organizzazione del lavoro e degli organici, rapporto con le istituzioni.

La specificità didattica è frazionata in figure specialistiche, gli insegnanti  rincorrono proposte e progetti, e spesso anche le famiglie.

Per fare fronte alle esigenze ci si rivolge alle associazioni e ai privati ma sembra che nulla sia mai abbastanza.

È così difficile pensare a una dirigenza della scuola con una separazione dei compiti tra  un  dirigente  gestionale e uno che si occupi di didattica? Chiedo, perché sarebbe quanto mai utile e alla fine persino meno costoso, nonché più organico, della proliferazione pulviscolare di  progetti e figure settoriali.

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