Categories: Opinioni & Commenti

Emblemi del disastro in corso

di Lorenzo Morandotti

Il prossimo sindaco di Como dovrà, fra le tante gatte da pelare, mettere mano alle tante emergenze della cultura. Il Politeama, comunale all’82% e nodo irrisolto dal 2005, è forse l’emblema di un cahier di doglianze esteso e poliedrico e di lunghissima data  che in gran parte ma non solo riguarda monumenti illustri e vestigia del passato. Poi c’è il Tempio Voltiano: una mongolfiera, come documenta un drammatico video diffuso in queste ore sulla rete, ne ha divelto un pezzo. Una fatalità imprevedibile che qualche maligno potrebbe però prendere a emblema.

La zona dei giardini a lago (sempre nell’ambito in cui sorgono Tempio e Politeama) è un altro sfregio alla storia della città, l’Asilo Sant’Elia con il cantiere fermo da anni è un’altra tessera del mosaico che non costituisce certo un biglietto da visita onorevole per una città che bussa alle porte dell’Unesco per farsi riconoscere quale città creativa.

Certo, la motivazione della candidatura è per la creatività tessile, che è indiscutibile e autorevole, ma i monumenti della città e la loro storia meriterebbero un po’ più di considerazione e di rispetto. E qui entra in gioco la pancia, ossia la pubblica opinione. I politici e i tecnici che amministrano non vengono da pianeti extrasolari, sono l’irradiazione della sensibilità comune nei confronti di beni comunitari. E allora vien da dire che è un po’ colpa di tutti se butto cartacce e la collettività non se ne cura o si lagna, se si passa indifferenti davanti a vestigia del passato lasciate cadere o abbandonate o non segnalate (davanti al Tempio Voltiano spiccava ancora quest’estate il cartello del sistema “Speak Art” che informa sull’opera, muto da anni).

Certo le priorità in epoche di crisi come questa sono altre: la salute, il lavoro. Chi ce li ha anche se si barcamena se li tenga stretti, perché quando si perdono sì sa che son dolori. Ma la cultura no, è il servizio buono da té da esibire ai visitatori nel salotto altrettanto buono. È una rete di sensibilità condivise e se questa manca possiamo anche dismettere i tesori, venderli a tranci sul mercato e sbarazzarcene in fretta. Ci si incatena e giustamente, con raccolte di firme, per il taglio annunciato dei tigli sul lungolago ma per il Politeama, per il Sant’Elia, per i giardini massacrati, per le tante cose da fare che non si fanno compresa Villa Olmo senza un piano di futuro, non c’è anima bella che si sdrai per la strada a fermare il traffico (e sarebbe peraltro un reato, lo diciamo a chi ne avrebbe voglia), o che raccolga firme, o che sbraiti oltre la comoda poltrona dei social.

Al prossimo sindaco e al prossimo assessore alla cultura di Como verrebbe da dire queste cose, se non che la campagna elettorale è ancora di là da venire anche se nell’aria. Chiunque si candidi, tanto per fare un esempio concreto, faccia un giro nella vicina Svizzera. Vada a Mendrisio, di mattina presto, passi davanti all’Accademia e al Teatro di Architettura, si inoltri nelle stradine che portano al Museo d’Arte dove tra poco aprirà la grande mostra sull’artista tedesco A.R. Penck. Non una cartaccia in giro, sporadici graffiti, traffico ordinato nonostante in zona stazione proseguano cantieri di grandi opere. E per rimanere ai musei  una rete che connette fra loro cinque realtà del Mendrisiotto, per non sentirsi soli, per tentare di crescere insieme. Chiasso fa mostre con il museo archeologico Mann di Napoli. Qui non c’è il becco di un programmino, di un sistema integrato. Ci sono solo i caramelloni pubblicitari delle grandi mostre ispirati da Ico Parisi, abbandonati e zeppi di spazzatura.

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