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Giardini a lago, belli e dannati

di Marco Guggiari

Nei primi giorni del nuovo anno prendiamo simbolicamente il progetto di un’opera che può dare il senso di un miglioramento della città. Lo spunto viene dal bando per incaricare chi dovrà redigere i progetti definitivo ed esecutivo e dirigere poi i lavori per la riqualificazione dei giardini a lago. Le manifestazioni d’interesse saranno raccolte entro il 14 gennaio e i lavori inizieranno (forse) entro la fine del 2021.

Ci siamo già occupati a più riprese dei giardini a lago per via della clamorosa perdita del finanziamento regionale e anche perché quest’area è, ad un tempo, bella e dannata. Da zona di pregio, nel tempo, si è ridotta a terra di risulta, disordinata, priva di identità. Peggio ancora, degradata, preda di vandali e spacciatori. Le involuzioni, però, non avvengono a caso. Sono il frutto di disattenzione, abbandono, ritrarsi delle istituzioni protratti nel tempo. Alcune cartoline d’epoca che circolano di tanto in tanto sui social danno il senso di diverse parti di Como e, tra queste, anche della zona intorno allo stadio e dei giardini a lago, come di luoghi caratterizzati  da un ordine urbanistico straordinario.

Ecco, da qui, in certo qual modo anche simbolicamente, varrebbe la pena ripartire per un nuovo inizio. La nostra città ha bisogno di recuperare quella pulizia geometrica non fine a sé stessa, non vuota, ma unita alla dimensione della vivibilità, che l’ha caratterizzata per tanto tempo fino alla decadenza degli ultimi decenni. Avrebbe la necessità di rinverdire la storia e la tradizione di bellezza, fruibile a tutti, che ha segnato il lungo periodo, diciamo, dal 1899 (Esposizione Voltiana) fino a metà degli anni Ottanta del secolo scorso. La storia della zona a lago, in realtà, inizia ancora prima, con la bonifica dei terreni riempiti di fango dal Cosia, un’operazione completata a metà dell’Ottocento.

Seguirono la costruzione delle sedi per le società sportive storiche, l’edificazione dei monumenti razionalisti, la frequentazione dei luoghi come naturali punti di ritrovo e di passeggio. Da oltre trent’anni, però, è stato un progressivo imbastardirsi di quegli stessi luoghi, un indebolirsi della loro tutela, come un rassegnato venir meno della consapevolezza collettiva. Molta parte della zona è diventata soltanto parcheggio, mèta di spacciatori e di sbandati, espressione di disordine e sporcizia. In una sola espressione: mancanza d’identità. Il risultato è che i giardini a lago non sono più, da tempo, area a vocazione turistica, spazio per famiglie con bambini.  All’inizio di questo secolo il Centro Studi Einaudi mise a punto idee per tutto il comparto.

Non se ne fece nulla. È una lunga storia di vorrei ma non posso, di ottime idee non supportate dalle amministrazioni pubbliche. Fino alla perdita, nel settembre del 2019, dei contributi stanziati dalla Regione. Alla fine, l’assetto del nuovo comparto costerà due milioni e mezzo di euro, uno in più di quanto originariamente previsto. Non è questo il principale problema. Lo è però soddisfare la legittima aspettativa di un cambiamento positivo,  segnare una svolta in controtendenza rispetto agli anni dell’inconcludenza. Quell’area, recuperata da ciò che era limaccioso, legata alla memoria, alla cultura e allo sport, alla continuità delle sponde lacustri da un capo all’altro di Como, ha un valore in sé e ne ha uno anche simbolico per il futuro.

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