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Giovani e lavoro nel Comasco, serve una svolta

di Marco Guggiari

Quali prospettive hanno i giovani oggi a Como? La domanda è figlia dell’identico e soltanto più generale quesito relativo all’Italia e ha senso alla luce di recenti dati che riguardano specificamente la nostra provincia. Ne consideriamo uno, il più eclatante, che concerne il tasso di occupazione. Secondo una recente indagine del quotidiano “Il Sole 24 Ore”, per questa voce a noi tocca il 98° posto su 107 realtà locali.

Questo significa che siamo quasi in fondo alla graduatoria del contesto lavorativo. Un tempo, il dato che ci riguardava era rovesciato. Il territorio lariano offriva così tante occasioni di attività e di guadagno che era in cima alla classifica dell’abbandono scolastico. Numerosi giovani, fin dalle scuole superiori, lasciavano aule e banchi per trasferirsi armi e bagagli in fabbrica o in azienda. Un problema anche quello, ma sul piano della formazione. Oggi il mondo è cambiato e nonostante quel formidabile ammortizzatore sociale che è il Canton Ticino, o forse anche per questo, i giovani comaschi non risultano trovare facilmente occupazione a casa propria. E se anche fosse la Svizzera a falsare, in senso positivo, i numeri, dobbiamo comunque riflettere. Fuga di cervelli o meno, manca la sicurezza del reddito offerta da un lavoro stabile, come segnala il Rapporto giovani 2021 dell’Istituto Toniolo. Un problema per le nuove generazioni, per il Paese e per la sua necessaria ripresa.

La domanda iniziale potrebbe anche virare: quali prospettive ha oggi Como senza i suoi giovani? La città e la provincia invecchiano rapidamente. Le aziende, eredi di un lungo e glorioso passato di successo, hanno bisogno di forze nuove. E di capacità innovativa, che nasce dalla ricerca e da chi vi si applica o ne sa cogliere i frutti per riproporli nelle stesse imprese. Alcune mansioni restano sguarnite e sempre più imprenditori e dirigenti d’azienda le richiedono, senza che possano però essere ricoperte. Qualche volta questo accade perché non sono considerate attrattive, altre volte invece perché nessuno, tra i giovani, è preparato a svolgere quelle funzioni.

Il discorso ci porterebbe lontano. Alla scuola e all’università, allo scollamento tra studi e pratica professionale, che ormai da decenni entra di diritto nel taccuino delle doglianze a livello nazionale e locale. Sta di fatto che il trend va invertito e che la politica, insieme a tutti gli altri soggetti, deve fare la sua parte. Ora vedremo se la valanga di soldi per la ripresa in arrivo dall’Europa ci aiuterà. È però certo che qualcosa va tentato anche dalle istituzioni e dalle associazioni del territorio. Ecco un tema di stringente attualità in vista delle prossime elezioni comunali. I candidati potrebbero esprimersi con idee e proposte che, sebbene non risolutive, avrebbero il pregio di garantire sostegno ad alcune iniziative e aiutare la necessaria sensibilizzazione culturale.

Il successo di una città e della sua provincia si misura anche sulla capacità dell’offerta ai suoi figli e di acquisizione delle loro capacità. In pochi anni Como ha perso una sede decentrata del Politecnico e le opzioni di nuovi sbocchi professionali anche locali. In parallelo non ha creato luoghi e opportunità creative per l’industria e per il turismo. ComoNExT è una straordinaria avanguardia che dà già frutti e che varrà sempre di più in futuro, ma tutto il resto arranca o è fermo. I più avveduti, persone, associazioni di categoria, enti, possono occuparsene, come già avviene con risultati eccellenti nelle vicine Varese, Lecco e Monza?

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