«Gli inglesi, all’inizio, hanno preso il problema del virus alla leggera»

«Gli inglesi, all’inizio, hanno preso  il problema del virus alla leggera»

La comasca Elena Veronelli vive e lavora a Manchester

Come si affronta l’emergenza Covid-19 all’estero? Tra i numerosi comaschi che lavorano e vivono fuori dall’Italia c’è Elena Veronelli, classe 1983, di Olgiate Comasco. Dopo un percorso scientifico ha cambiato direzione studiando illustrazione e animazione multimediale all’Istituto Europeo di Design a Milano. Oggi vive in Inghilterra, a Manchester, dove si occupa di animazione 2D come responsabile di un team di animazione.Nel 2008 Elena Veronelli si è trasferita a Barcellona e dalla fine del 2013 a Manchester. «Sono venuta per un contratto di sei mesi con l’idea di tornare a Barcellona subito dopo e invece…».E invece, anche per ragioni di cuore, Manchester è diventata la sua città, una città che come tante in Europa è oggi scombussolata dall’emergenza sanitaria.È cambiata molto la sua quotidianità?«Sì, molto rispetto agli ultimi anni vissuti qui in Inghilterra, anche se il lockdown inglese è molto meno rigido di quello italiano. I parchi sono ancora aperti ed è consentito uscire a coppie per svolgere attività motoria. Siamo a casa dal 23 marzo, fortunatamente sto ancora lavorando da remoto, anche se con qualche difficoltà iniziale e con nuove dinamiche a cui mi sono dovuta abituare. Questo mi aiuta parecchio anche a concentrarmi sulle singole giornate, che restano molto piene. Sicuramente mi manca andare in studio e avere un contatto diretto con il team e con gli altri responsabili, le cene e le passeggiate ai parchi con gli amici… Non mi manca il percorso casa-lavoro e ho un po’ più di tempo per me stessa e per la vita di coppia… e per osservare gli scoiattoli che vengono a mangiare noci sotto la finestra del nostro appartamento».Come si è evoluta l’emergenza?«All’inizio gli inglesi prendevano il problema alla leggera, c’è sempre quella sensazione iniziale che le cose succedono agli altri, mai a te. A poco a poco il panico si è intensificato, dai supermercati sono sparite carta igienica, pasta, riso, farina.. ancora si fatica a trovare certi prodotti. Quando verso metà marzo Boris Johnson aveva annunciato che l’Inghilterra avrebbe puntato all’immunità di gregge c’è stato un picco di preoccupazione: ben informati di quanto stava accadendo in Spagna e in Italia non ci potevamo capacitare di come potesse prendere questa decisione. Fortunatamente a distanza di una settimana il governo ha cambiato strategia e ha indetto il lockdown. Il sistema sanitario inglese ha subito diversi tagli nel corso degli ultimi anni, la Brexit non ha sicuramente aiutato e ci sono chiare difficoltà nell’affrontare l’emergenza. Non vengono effettuati un numero sufficiente di test, tantissima gente con sintomi viene lasciata a casa e non seguita nel corso dell’infezione.  Mi colpisce molto leggere di come diversi Stati nel mondo stiano affrontando l’emergenza, sono basita dal comportamento di alcuni leaders quali Trump e preoccupata per i meccanismi createsi in paesi come l’India, per non parlare della paura che il contagio si diffonda nei  campi profughi o nelle zone di guerra, dove rimanere a casa non è possibile, così come curarsi della propria igiene personale. Come si può praticare social distancing in un campo profughi o continuare a lavarsi le mani in un posto dove c’è acqua per un’ora al giorno? Questo virus ha comunque evidenziato le differenze sociali. Quanto è diverso affrontare la quarantena in una casa con gerdino rispetto a un piccolo appartamento senza balcone. Quanto è diverso trovarsi in Italia rispetto in Syria.».Come vede il futuro, rispetto all’impatto economico del Covid-19?«Cerchiamo di rimanere positivi e di non preoccuparci troppo del futuro, sarà complicato e l’Inghilterra dovrà fare i conti anche con la Brexit, ma in un modo o nell’altro ne verremo fuori. Spero ci saranno le politiche necessarie per aiutare tutti. Non sappiamo come né quando sarà considerato sicuro viaggiare. Una delle cose più difficili è non essere sicuri di quando potremo rientrare in Italia e in Spagna e riabbracciare le nostre famiglie e c’è il timore che, nei prossimi mesi, i costi dei viaggi diventino esorbitanti e rendano difficile per molti i ritorni in Italia. L’importante sarà tornare a una normalità diversa a quella a cui ci siamo abituati e che questa crisi non ci faccia perdere di vista le altre grandi sfide che dobbiamo ancora affrontare, come l’inquinamento e il cambiamento climatico».