Categories: Opinioni & Commenti

Grande finanza e seta comasca

di Giorgio Civati

Si può capire qualcosa dalla crisi della Canepa, e soprattutto dalla sua accelerazione – in negativo – di questi giorni? L’azienda di San Fermo della Battaglia, una delle tre o quattro “bandiere” del made in Como del tessile, veniva da anni di difficoltà finanziarie. I vertici hanno così deciso di cedere la maggioranza a un fondo d’investimento, DeA Capital. Che, nei mesi scorsi, ha formulato ipotesi, progetti di tagli e di rilancio, ha modificato i vertici, ha chiesto tagli dei costi, soprattutto attraverso la riduzione del personale per almeno cento unità, e ipotizzato 19 milioni di euro di investimenti in cinque anni. Obiettivo, risanare l’azienda e poi rivenderla. Guadagnandoci, come è logico e lecito. Ma le cose non sembrano proprio andare in questa direzione.

All’inizio della settimana Canepa ha infatti presentato al Tribunale di Como una richiesta di quello che tecnicamente si chiama “prenotativa di concordato in bianco”. Un’opzione aperta a varie possibilità, ma che non lascia presagire niente di buono. Per il personale, oltre 400 addetti, ma anche per i fornitori e per il sistema di relazioni che un’azienda del genere intrattiene e che ne risulta già oggi comunque penalizzato. In attesa che le cronache ci aggiornino sull’evolversi della complessa situazione, viene da pensare che la grande finanza, quella dei fondi d’investimento, quella che muove centinaia di milioni e finisce sulle prime pagine dei giornali economici, non ha però radici territoriali lariane.  Anche le più grosse aziende locali sono in realtà minuscole in un’ottica nazionale o internazionale.

Canepa, che è l’argomento del momento, è comunque uno dei big, anche se solo locali. Che ha tentato un rilancio tramite un soggetto esterno, estraneo al distretto, da cui dovevano arrivare mezzi e competenze. Ma una società finanziaria ha una visione, come ovvio, speculativa, senza che in questa definizione vi sia un giudizio negativo. E cioè, investe dei soldi per guadagnarne di più in tempi celeri. Anche senza dati certi, è dunque probabile che DeA Capital abbia riscontrato una situazione non in linea con quanto previsto. E agisca di conseguenza.

Logico, in un’ottica di economia teorica. Drammatico per Canepa, i suoi oltre 400 dipendenti e un po’ tutto il distretto. Onore al merito, insomma, ad altri che hanno percorso altre strade. Donatella Ratti, per esempio, aveva molte alternative nel momento della crisi drammatica della Ratti, ma ha scelto Marzotto. Industriali e non finanzieri, e per di più del settore. E ormai da anni Ratti è tornata a essere una realtà positiva. Mantero, l’altro nome celebre della seta comasca, si è risanata in proprio e la famiglia, quella di Moritz e del figlio Franco, guidano oggi un’azienda sana. Per Canepa il futuro appare oggi fosco. Anche se, forse, a un investitore finanziario alternative non ce n’erano.

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