di Marco Guggiari
La richiesta di un dormitorio aperto per tutto l’anno a Como ha già prodotto conseguenze interessanti, anche se non il risultato sperato, almeno per ora. Vediamole rapidamente e vediamo poi perché l’obiettivo finale debba essere perseguito e centrato.
Lo scorso martedì 30 aprile è stata chiusa definitivamente la struttura attiva in via Sirtori e sono stati smantellati i tendoni dell’emergenza freddo. Contestualmente tre elette in consiglio comunale, appartenenti a diversi gruppi, Patrizia Maesani (promotrice, ex FdI e ora Gruppo Misto), Barbara Minghetti (Scelta Civica) e Patrizia Lissi (Pd), hanno depositato una mozione affinché la città abbia un ricovero notturno permanente.
La prima sorpresa, in un’epoca e in un contesto di norma divisivi, è stata la condivisione dell’iniziativa da più parti spesso tra loro in contrasto per motivi politici. A Como, per una volta, è prevalso il merito della questione, sostenuto anche da molti cittadini che si sono espressi su Facebook a favore della campagna #mettiamocilafaccia. Ecco il secondo aspetto non trascurabile: la partecipazione spontanea e trasversale anche tra i comaschi, di solito piuttosto “freddi” e refrattari a farsi coinvolgere. Nella vicenda c’è inoltre un di più di credibilità: le tre promotrici sono anche volontarie. Danno tempo e aiuti gratuitamente a chi ne ha bisogno.
Tutto questo non garantisce l’esito finale positivo. Ma il re, ossia l’insieme di chi deve decidere, è per così dire un po’ più nudo. Il problema sollevato merita infatti una soluzione da più punti di vista. Per motivi umanitari, di decoro urbano e di sicurezza lungo le strade. Inoltre, è un problema che riguarda sia stranieri che italiani (padri separati, disoccupati in età avanzata, homeless), sia uomini che donne, al di là della contabilità e delle percentuali.
Como ha una lunga storia di generosità e di accoglienza. Una tradizione che si nutre di modi specifici, ma sempre improntata al tratto di chi sa tendere la mano. Ha spazi disponibili. Si tratta di sceglierne e destinarne uno alla finalità di dormitorio. L’amministrazione comunale ha la possibilità di farlo, indipendentemente dagli accenti che riguardano le politiche nazionali e la visione sui migranti, sui loro drammatici viaggi per mare e sui luoghi dei loro approdi. Como può tracciare una via che sfugga a rigidi schemi e che funga da utile esperimento anche per altre città.
In questa storia c’è tanto lavoro che non va in vetrina, ma costante e assolutamente gratuito, svolto da volontari comaschi che rinunciano a ore di sonno e a comode serate in casa o con gli amici. Anche costoro, pronti a proseguire il loro impegno, meritano una considerazione che non sia deludente, ma riconoscenza concreta da parte delle istituzioni.
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