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I due Plinii profeti della Como virtuosa

di Lorenzo Morandotti

Il bimillenario pliniano del 2023, il cui comitato locale si è concretizzato di recente con adesioni istituzionali di alto profilo, non dovrebbe dimenticare quanto sia stato profetico Plinio il Vecchio.

Non certo come autore di una Wikipedia dell’antichità, dato che  il grande comasco   si è fatto carico di compulsare  nella sua Naturalis historia centinaia di fonti fissandosi nel tempo come autorità indiscussa, mentre l’enciclopedia elettronica è altra cosa, è  un lavoro collettivo di innumerevoli scribi e perennemente fluttuante. Sono vicini sì, ma solo nella frequente inattendibilità. Piuttosto fu profeta  nella conquista di una coscienza ecologica. Basti leggere quanto scrive Silvia Giorcelli nel suo saggio einaudiano L’impero in quota sul rapporto tra gli antichi romani e la montagna.

Altro profeta per Como e il suo futuro fu il nipote Plinio il Giovane, come sottolinea il docente di lingua e letteratura latina dell’Università di Pavia Alberto Canobbio, che ha infatti auspicato come le celebrazioni dell’autore della Naturalis historia siano in realtà da considerare una preziosa occasione per evidenziare, su fronti differenti, tra età flavia e traianea, questo prezioso duo che il Lario ha regalato al mondo e alla storia. Due polarità di due fasi storiche contigue, insomma.

In particolare il Giovane fu profeta dell’università “decentrata” a Como,  come molti liceali sanno per aver dovuto tradurre il passo relativo.  In una delle lettere scritte  al grande storico Cornelio Tacito – siamo nell’autunno inoltrato tra 104 e 105 dopo Cristo,  è la terza missiva che il Giovane scrive all’amico storico  appena   tornato a Roma –  il famoso scrittore e senatore romano, nato a Como nel 61, ecco cosa riportava: «Recentemente, quando fui nella mia terra natale, venne a farmi visita un ragazzo della mia città ancora vestito di toga pretesta (ossia orlata di porpora che veniva deposta nel corso di una cerimonia al raggiungimento della maggiore età, ndr). Io dissi a lui: “Studi tu?”. Mi rispose: “Sì”. “Dove?”. “A Milano”. “E perché non qui?”. Allora suo padre: “Perché qui non abbiamo professori”. “Come mai nessuno? Interesserebbero infatti molto a voi che siete padri che i vostri figli compissero qui i propri studi”». Secoli dopo, quell’auspicio è diventato realtà.

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