Categories: Opinioni & Commenti

Il «bla bla bla» terreno di democrazia

di Agostino Clerici

«Bla bla bla». Si usa solitamente questa espressione onomatopeica per indicare un chiacchiericcio inconcludente, un puro esercizio retorico che non approda ad alcun risultato. Chissà che cosa volesse intendere Greta Thunberg dal palco di Milano, attribuendo il «bla bla bla» ai Governi mondiali in riferimento ai tanti problemi che ruotano attorno ai cambiamenti climatici e alla salvezza del pianeta. È sempre difficile interpretare il linguaggio volutamente stereotipato della diciottenne svedese, che da qualche anno incarna la protesta ambientalista con grande entusiasmo, suscitando un numeroso seguito tra i giovani di tutto il mondo. Credo volesse stigmatizzare soprattutto la mancanza di decisioni a fronte di un generoso menù di buoni propositi. Quasi a dire: «parlate tanto, adesso date finalmente concretezza alle vostre parole!».

Del resto la leader ambientalista due anni fa a New York aveva sorpreso tutti per quel suo perentorio «vi terremo d’occhio» pronunciato con tono astioso. In fondo il movimento che fa capo alla Thunberg rappresenta un tentativo di suscitare un più deciso interesse politico su una questione vitale, ove però sono in gioco anche numerosi interessi di tipo economico e finanziario.

E se il «bla bla bla» dipendesse proprio dalla necessità di dare voce ad un pluralismo di opinioni? Mi spiego. La questione delle decisioni da prendere è più complessa di quanto sembri a prima vista.

Sarebbe un errore ridurla semplicisticamente a uno scontro tra le esigenze del pianeta – di cui la Thunberg si fa interprete – e le strategie dei Governi mondiali che devono tener conto anche del delicato equilibrio economico del pianeta. Intanto, esistono potenti lobby che sono all’origine o comunque supportano o manipolano le diverse posizioni (anche quelle ambientaliste).

Ma poi in gioco c’è la libertà individuale, vero e proprio idolo del mondo post-moderno. Certe scelte invocate dalla piazza, che faticano a trovare accoglienza a livello politico decisionale, in verità contrastano con gli stili di vita che oggi vanno per la maggiore. Se i Governi prendessero sul serio e sino in fondo le decisioni che i paladini dell’ambientalismo chiedono nelle loro manifestazioni, vi sarebbe una ricaduta sulla vita spicciola di tutti i giorni che andrebbe a intaccare le libertà individuali. Su questo terreno si pone il problema del consenso e diventa determinante il criterio su cui si fondano le democrazie occidentali, ovvero il formarsi nel dibattito e nel confronto delle idee di una decisione, sancita poi con il potere della maggioranza.

In più, bisogna tener conto della necessità di mettere d’accordo Paesi diversi (qualcuno non proprio gestito democraticamente). Anche le decisioni sul clima non possono saltare questo percorso – che può essere lungo e complicato – senza dimenticare, però, che la salvezza del pianeta è urgente e richiede di non dilazionare all’infinito le decisioni. Per cui avrei qualche remora a definire con disprezzo «bla bla bla» quello che in fondo è il terreno di coltura di ogni decisione democratica. Anzi, Greta Thunberg – che non ha ricevuto alcun mandato di tipo politico e che non ha nemmeno una specifica competenza scientifica – dovrebbe essere contenta di essere stata invitata a dare il suo umile contributo al «bla bla bla» democratico.

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