Categories: Opinioni & Commenti

Il coraggio di disegnare la città

di Marco Guggiari

La città che ha fame di parcheggi, una fame che dura da decenni, si ritrova ancora una volta a bocca asciutta. La dimostrazione più chiara viene dal dibattito di questi giorni, ricco di ipotesi e scenari che non prevedono decisioni operative e non permettono tempi certi. In una parola, concretezza. Dall’incremento dei parcheggi a Como, poi, dipendono numerose altre scelte: pedonalizzazioni, ultima in ordine di tempo quella immaginata per la zona intorno allo stadio, piste ciclabili, potenziamento del trasporto pubblico e, in definitiva, un disegno di mobilità urbana migliore e più rispettosa dell’ambiente, o come si dice oggi ecosostenibile.

Da lì, però, dai parcheggi, si deve partire se non si vuole ignorare la realtà quotidiana che è fatta di traffico e di auto. Solo con i parcheggi, a raso in grandi aree o nella modalità dell’autosilo, si può fare tutto il resto, anche adottando il coraggio dell’impopolarità che implica di fermare i veicoli privati a distanza dal centro, o di imporre tariffe per la sosta o ticket di accesso con effetto deterrente. Oggi invece abbiamo, da quasi vent’anni, strisce blu quasi ovunque senza che questo soddisfi la domanda e determini un’adeguata rotazione della sosta. Assistiamo da troppo tempo a rinvii di iniziative che potrebbero essere risolutive, o utili ad avviare almeno una prospettiva. Gli esempi si sprecano: l’area ex Ticosa ferma al palo, la sua parte sul versante della Santarella sempre in attesa dei promessi posti macchina, l’area ex Danzas e quella dello scalo merci eternamente di là da venire, il progetto di un parcheggio in superficie lungo viale Varese, con riassetto dell’area verde, bocciato tre anni fa. E potremmo proseguire.

Possiamo dire che per soddisfare la fame di posteggi, durante questo mandato amministrativo, è stata messa a disposizione soltanto l’area ex Rizzo, destinata a centro di accoglienza durante l’emergenza migranti, e che meriterebbe forse maggiore risonanza, anche per via della sua ubicazione un po’ “nascosta” dietro la chiesa di San Rocco. Il coraggio di impostare un disegno di città, anche da questo punto di vista, è urgente e necessario. La situazione in cui si trova Como da decenni impone una svolta e un metodo. Va da sé che dobbiamo ormai guardare realisticamente al prossimo quinquennio amministrativo, quando chi governerà il capoluogo avrà a disposizione un tempo congruo. L’esperienza insegna però che il tempo scorre, non è una risorsa inesauribile. Per non sprecare la prossima occasione, quella che inizierà dopo il voto del 2022, sarebbe utile che i partiti e i candidati, al punto in cui siamo, concordassero davvero le priorità. Sarebbe una novità assoluta, non tanto per la comunanza delle necessità avvertite, che spesso è la stessa in molti programmi elettorali, quanto per l’eventuale vincolo di reciprocità a condividere alcune poche cose, chiunque vinca e governi.

Un’anomalia? Un’utopia? Forse sì, ma potrebbe essere un modo per uscire dalla ritualità delle dichiarazioni di facciata e delle buone intenzioni destinate a restare sulla carta. La situazione di Como non permette di sciupare altro tempo (in tal senso, i più avveduti, da destra a sinistra, non disdegnano nemmeno di concordare eccezionalmente, perfino il candidato sindaco. Quasi un “effetto Draghi” per trascinamento). Se il metodo, con o senza candidato sindaco comune e super partes, fosse approvato, è chiaro che tra le priorità dovrebbero figurare anche un nuovo Piano del traffico, sostitutivo di quello che risale a un quarto di secolo fa, e la questione dei parcheggi.

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