Il destino di Elena sequestrato dal traffico

Il destino di Elena sequestrato dal traffico

di Mario Guidotti

Elena aveva 46 anni ed un brutto guaio al seno. Dicevano
però che andava bene, che rispondeva alle cure e che tutti gli indicatori erano
positivi. Sì, certo, doveva fare la chemioterapia che non è proprio una
passeggiata, ma l’accettava serenamente. L’importante era farla, perché da lì
passava la sua guarigione.

Veniva in città a curarsi dal Centro lago in auto, 40 minuti
di guida, perché in alternativa bus più battello erano quasi due ore. Si poteva
fare. Quel giorno di luglio era partita anche un po’ prima, non si sa mai,
c’erano due cantieri sulla strada, tanto per cambiare, un po’ di coda tra
Laglio e Carate. Ma quella mattina la coda non finiva mai. Fermi immobili.

«Accidenti la mia chemioterapia, non posso perderla» pensava
Elena. Va detto poi che quasi ogni volta che un malato neoplastico si sottopone
ad una seduta, deve fare prima gli esami del sangue per vedere se la
situazione  dei globuli, e non solo
quella, è compatibile con un nuovo ciclo. La coda di auto era determinata da un
incidente banale, ma di quelli che prima di risolversi servono polizia
stradale, rilievi, magari l’ambulanza anche se è poca cosa. Insomma, per chi
aspetta in coda è un inferno, soprattutto per quello che attende loro alla fine
di quella coda. Per Elena poteva anche trattarsi di vita e di morte. Sì, non è
un’esagerazione, perché poteva essere la somministrazione chemioterapeutica
risolutiva, o comunque decisiva per la prognosi.

Nella sua mente si aggrovigliavano i pensieri peggiori.
Certo, speriamo sempre che nessuno si sia fatto male, ma che diavolo, a 50-60
Km all’ora sulla strada Regina come si fa a passare sull’altra corsia e fare un
frontale con un povero Cristo che viene dal lato opposto? Si fa, si fa
soprattutto se alla guida quasi un pilota su tre guarda lo smartphone, manda
messaggi, “chatta” e “posta” sui cosiddetti social. Elena ne aveva avuto la
conferma dai testimoni una volta che la coda si era mossa.

Erano già le 12, l’appuntamento era per le 10. «Dio mio –
pensò – il laboratorio prenderà ancora il mio prelievo? I risultati arriveranno
in tempo per la somministrazione?». Il laboratorio accettò il sangue,
un’infermiera ed un medico annullarono altri impegni personali del pomeriggio, la
chemioterapia si fece e settimane dopo Elena venne operata. Mesi dopo visitata
e considerata in remissione di malattia.

Questa banale storia serve a far riflettere come spesso in
una coda di automobili, fatta di centinaia di persone abbandonate nella totale
passività, senza notizie, magari per un incidente di un cretino distratto,
possono consumarsi destini importantissimi. Chi perde un aereo fondamentale,
chi un colloquio di lavoro determinante, chi una seduta di terapia magari
vitale.

Un altro pensiero poi agli operatori sanitari che hanno
annullato i propri impegni per curare un proprio simile, gli stessi che magari
vengono insultati per un ritardo o crocifissi per anni in tribunale per un
presunto insuccesso.