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Il fastidio della politica per i fondi Ue

di Giorgio Civati

Soldi. Ci hanno detto per anni, per decenni e forse anche per secoli che il problema erano i soldi o, più correttamente, la loro mancanza. E invece non è vero. Prendete l’Italia proprio adesso, in questi periodi travagliati e difficilissimi: in mezzo ai tanti drammi che ci si trova ad affrontare l’unica certezza è che  denari ce ne saranno – 209 miliardi di euro, mica robetta – eppure nessuno che gridi al miracolo, che avanzi piani e progetti, che inneggi alla disponibilità di cifre così alte per risistemare il Paese, concludere tutto quanto è stato lasciato a metà nel tempo o magari nemmeno iniziato, per fare davvero un salto di qualità in infrastrutture, sanità, ambiente, istruzione e chissà quant’altro ancora.

Una cifra, questi 209 miliardi di euro, che l’Unione europea ci metterà a disposizione sono insomma un’occasione unica, qualcosa di simile a quel Piano Marshall che dopo la seconda guerra mondiale gli Stati Uniti d’America predisposero per far ripartire il resto del mondo, sconfitto o comunque provato dal conflitto. Eppure, stranamente, questi soldi sembrano un peso, un fastidio. Prima che far progetti, appare fondamentale capire e decidere chi gestirà queste somme. I ministri? Il Parlamento? Una non meglio definita cerchia di esperti? Scelti e nominati da chi?

Intendiamoci, definire chi ha in mano la cassa è un passaggio fondamentale in questa fase e per gli anni a venire. Però quella che dovrebbe essere una normale e lecita discussione su “chi comanda” appare sempre più una specie di assalto alla diligenza. Una spartizione del bottino. Di un bottino che comunque ancora non abbiamo in tasca e che andrà ripagato all’Europa in svariati modi. A meno che questa discussione esasperata su come gestire questi miliardi in realtà non nasconda l’assoluta e totale mancanza di idee sul “cosa” farne.

Del resto anche in Lombardia pare che 3,5 miliardi di fondi per il rilancio post emergenza siano gestiti quanto meno senza lungimiranza, senza progetti a lungo termine e con la solita ottica dell’accontentare tutti, a pioggia. E che dire di Como? I finanziamenti regionali per il rifacimento dei giardini a lago a tratti sono sembrati un fastidio più che un aiuto vero e concreto e il progetto relativo – per non dire dei lavori – è caratterizzato da lungaggini e ritardi. E, ancora, quei fondi per le piste ciclabili che dovrebbero far pedalare dal lago all’Europa e che ci sono, ci sarebbero, forse, magari, verranno mai utilizzati?

Insomma, non sempre il problema è dato dalla mancanza di soldi. Paradossalmente, la situazione è spesso un’altra. Forse più grave. E vede una incapacità diffusa di amministrare, governare, prevedere guardando avanti, con scelte strategiche che vadano ben oltre il proprio naso, il proprio tornaconto e il consenso elettorale. Più che denari, scarseggiano idee e competenza.

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