Categories: Opinioni & Commenti

Il materiale e l’immaginario

di Lorenzo Morandotti

Due facce della stessa realtà. Da un lato un immobile storico, ex cinema e teatro, che ha 110 anni, spento da 20 e infruttuoso (a parte il parcheggio adiacente che copre a malapena le spese) dal 2005.

Proprietà del Comune, ossia dei comaschi per quasi  l’82%, lo scorso luglio è stato vittima di una effrazione, e data la mole   nonostante gli accorgimenti di sicurezza  in campo potrebbe ripetersi l’increscioso danno: un pertugio si trova sempre se vuoi stare al riparo o fare danni.

Quindi   in assenza di svolte decisive (che allo stato   in cui versa la cultura anche grazie alla stangata Covid equivalgono a un colpo di bacchetta magica) non è esclusa   la prospettiva di vederlo trasformato in   Ticosa bis. Ossia ennesimo luogo di riparo per senzatetto in una città che nonostante  lo sforzo di tanti volontari  stenta ad accoglierli con spirito di carità. Sarebbe un destino comunque più che onorevole, dato che in fondo al tunnel la prospettiva  è finire in briciole se la società civile sarà alla prova dei fatti indifferente.

L’altra faccia della stessa medaglia è appunto il tentativo, utopistico e disperato se visto  con cinico realismo (come   rianimi uno zombi?), eroico   se lo si considera in termini più romantici, di andare oltre il presente e immaginare un futuro per l’agonico Politeama. Che è in vendita per poco più di 2,2 milioni di euro ma  finora non ha trovato acquirenti. Pochi i metri quadrati destinati a uso alberghiero (10 camere) per farne un miniresort a lago in zona peraltro strategica tra ferrovia e lago.

È l’effetto boomerang di essere polivalenti (il nome viene da tale natura). Ospitavi negli anni d’oro tanti show diversi: avanspettacolo, futuristi scatenati,   attori di grido e anche il  circo, avevi un tetto apribile che gli altri si sognavano, e ora eccoti   messo in un angolo a marcire,   nessuno ti fila di striscio, con l’emergenza Covid  amara ciliegina su una torta avariata.

La polivalenza, si spera, potrebbe essere l’asso nella manica. L’appello alla società  civile della Società Politeama resta  ambizioso,   l’ultima carta da giocare prima del baratro. Perché  il Comune,  proprietario dell’ampia maggioranza   da 15 anni, finora è stato   alla finestra sperando che la patata bollente passasse   di mano. Così non è stato.

Il  Conservatorio, che ha sete di sale  e per anni si è proposto per la gestione, dati gli alti costi per un recupero anche minimale (cifre almeno doppie rispetto al valore di mercato) l’estate scorsa si è tirato fuori. E otterrà dal Comune altri spazi idonei. Intanto Palazzo Cernezzi sta alla finestra con   le mani legate: con una società partecipata in liquidazione l’ipotesi di acquisizione delle quote  in mano ai privati non è percorribile.    Al limite, dopo  opportuna verifica legale, di bilancio e  politica, ossia un passaggio in consiglio comunale, potrebbe  decidere di acquisire l’immobile, alla cieca.  Saremmo, con l’aria che tira,  in piena fantascienza.

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