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Il naso rotto di Luciano e i medici divenuti nemici

di Mario Guidotti

Luciano era un solidissimo infermiere di Pronto Soccorso. In dieci anni di carriera ne aveva viste di ogni. Da lì passano tutte le miserie umane, arrivano i corpi sfaldati e le anime malate. Ma anche solo chi ha fame, freddo e persino chi, millantando presunte malattie, in realtà non cerca altro che curare la propria solitudine.

Così quel venerdì pomeriggio particolarmente affollato di umanità varia che chiedeva aiuto gli pareva ordinaria amministrazione. Anzi, proprio perché era noto per i suoi nervi d’acciaio, veniva mandato lui a tranquillizzare malati, parenti ed accompagnatori che da ore aspettavano il proprio turno per essere visitati.

Si sa, i Pronto Soccorso sono diventati delle vere e proprie bolge dantesche, e non solo per la sofferenza umana che ti entra attraverso tutti i sensi, persino l’odore, ma anche perché i tempi di attesa sono diventati oggettivamente insopportabili. Già scritte le cause: autopresentazione eccessiva, territorio che non filtra abbastanza la malattia, disagio sociale, acutizzazione delle tante cronicità, invecchiamento inaspettato, servizi sanitari con liste d’attesa interminabili, ansia, ipocondria, sindrome del venerdì tardo pomeriggio (sì, esiste anche quella).

Fatto sta che c’erano tre codici rossi (pericolo di vita) in gestione, due gialli e dodici verdi. In questi casi gli ultimi rischiano di attendere delle ore, e badate bene che questo colore di codice contiene al proprio interno anche patologie degnissime, molto fastidiose e poco sopportabili seduti per ore in una sala d’attesa, dove vanno e vengono soggetti umani di ogni genere, spesso anche molesti.

Insomma, quando Luciano è andato a dire che era arrivato il quarto codice rosso in ambulanza e l’attesa si sarebbe allungata, il figlio di un signore anziano si è avvicinato con fare minaccioso, reclamando l’attenzione dei sanitari per il proprio padre. Luciano ha mantenuto la calma, ha spiegato gli eventi in essere e per tutta risposta si è preso una violenta testata sul naso. Un male della miseria, un lago di sangue ed un parapiglia indescrivibile. A parte il dolore, la violenza del gesto, l’insensata aggressione, lo sconcerto veniva dall’essere considerato un intralcio, un responsabile di disagio, dolore e disservizio, nonostante anni dedicati ad alleviare il dolore degli altri, con turni massacranti, per stipendi più che modesti.

L’aggressione di Luciano fa il paio con le ambulanze prese a sprangate, con malati ricoverati che fumano nei reparti, con parenti che ti insolentiscono non rispettando non solo gli orari di visita ma neanche gli inviti a non usare i bagni e persino i letti dei degenti. È un imbarbarimento generale o il mondo sanitario ha perso autorevolezza e riconoscimento? Quando è successo che siamo diventati i nemici e non più gli alleati dei malati, dei sofferenti nella lotta contro la malattia? Arriveranno le guardie negli ospedali. Peccato, pensavamo fosse l’ultimo luogo sacro per il sostegno e la solidarietà tra le persone.

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