di Giorgio Civati
Quasi al termine di una settimana straordinaria – in negativo – per la città di Como e dintorni a seguito dell’uscita in piazza Cavour del lago ma anche di una serie incredibile di altri “stop” dovuti a lavori pubblici programmati male, cantieri improvvisati e altro ancora, è probabilmente opportuno fare una riflessione.
Non solo sul lago che esonda o sulle paratie che sono ancora da realizzare, e neppure solamente sui cantieri e gli interventi di manutenzione a strade, fognature, segnaletica orizzontale e fibra ottica da posare. Intendiamoci, tutti questi argomenti, da soli, varrebbero ore di discussioni e riflessioni a non finire, ma il problema è anche un altro ed è più vasto.
Anche oggi, con il lago ancora in piazza, non di solo Como si dovrebbe ragionare. La Lariana, strada che scende da Bellagio, è per esempio l’unica via disponibile da quella direzione e quei molti che fra Torno, Blevio e dintorni devono arrivare nel capoluogo, magari poi per andare a Milano a lavorare, hanno subito altrettanti e pesantissimi disagi: due, anche tre ore per arrivare in città o nell’immediata periferia tra lavori e interventi anche locali che hanno peggiorato le cose. Da Lipomo stessa storia, perché il caos – come il lago – esonda, si allarga, si sparpaglia alla ricerca di alternative che in realtà non ci sono o sono scarse. Altro discorso allargato che può essere fatto – che dovrebbe essere fatto – è quello che parte dall’Altolago e magari anche dalla Valtellina e dai monti qui intorno e, passando dalla diga di Olginate, sbocco lecchese del Lario, e arriva all’Adda, al Po, alle pianure agricole lombarde e addirittura al mare. Ecco, ma davvero non ci sono calcoli possibili per gestire meglio o almeno meno peggio le piene e le piogge? Veramente modelli matematici e previsioni non offrono al territorio indicazioni su possibili interventi?
Ancora oggi, anno 2020, piove e nessuno può prevederlo, gestendo dighe e lago e fiumi in maniera più accorta? Le risposte ci paiono evidenti. Si potrebbe fare meglio e di più, per la città di Como che sembra gestita a caso tra cantieri e percorsi alternativi e semafori che sono stati spenti solo tre giorni dopo lunedì, e per tre giorni hanno generato caos su caos, e poi con la gestione degli afflussi e dei deflussi del lago, senza dimenticare che il capoluogo lariano ha grande impatto non solo sui residenti ma anche su chi abita a Erba, Torno, Olgiate Comasco, Inverigo e via discorrendo. Tra i difetti e le mancanze di questa amministrazione – e sono tanti – quello strategicamente più grave ci pare la mancanza di una visione d’insieme, la non accettazione di un ruolo di guida dell’intero territorio.
Da Palazzo Cernezzi non riescono a vedere il caos in viale Innocenzo o sulla Oltrecolle, in via Manzoni o via Garibaldi; difficile che possano pensare a Blevio e Torno, Erba, Asso e Lipomo, la Bassa Comasca e l’Olgiatese. Eppure un capoluogo quello dovrebbe fare, insieme a migliaia di altre cose: buche e strade, posteggi, senzatetto e disperati, famiglie e aziende, tanto per dire. Ma questo è un altro discorso.
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