Il pubblico al palo e il privato virtuoso

di Lorenzo Morandotti
La primavera è alle porte, ma da queste parti l’inverno
rischia di restare a lungo e coprire tutto di una caligine, dato il clima,
umida e quasi oleosa. Fuor di metafora: c’è una bella differenza sul fronte
delle politiche di gestione, programmazione e promozione della cultura, tra
pubblico e privato. Forbice? Attrito? Chiamatelo come volete, la lingua
italiana è ricca di vocaboli (circa 7mila quelli usati con maggior frequenza),
ma alla prova dei fatti c’è notevole distanza tra i due poli. Qualche esempio.
Da una parte un Comune capoluogo di provincia tornato a mancare di un assessore
alla Cultura e al Turismo in carne ed ossa e per queste deleghe deve di nuovo,
in attesa che la politica ribatta un colpo, citofonare al sindaco in persona;
e che nonostante l’impegno quotidiano di
tanti funzionari, impiegati e tecnici (anzi a ben vedere dimostrando poco
rispetto per i loro sforzi) ha una serie di emergenze divenute negli anni
storie di (dis)ordinaria amministrazione: si chiamano futuro di Villa Olmo come
centro culturale (tutto da pianificare, si è solo individuata la modalità tecnica, per carità meglio di
niente ma la carta non è il territorio), e poi
musei civici da rimpolpare di visitatori e dirigere ed ex cineteatro Politeama da
estrarre dal potenziale baratro destinandolo a scopi ricreativi e culturali
come peraltro promesso. Dall’altra parte (e tra le sponde vorremmo più sinergia:
a proposito, sono mai approdati a qualcosa i vari “stati generali” del
settore?) c’è il privato, che deve rispondere a più stringenti logiche di
sostenibilità e sul territorio, anche fuori Como, punta a destagionalizzare il
turismo e ha vette di eccellenza mantenute grazie a quel volontariato che
permette al Paese di non andare definitivamente a rotoli. Due casi emblematici.
Villa Carlotta si appresta a riaprire i battenti forte di 220mila ingressi l’anno. E sabato e domenica
con 8mila volontari e 40mila studenti ciceroni il Fondo Ambiente Italiano torna
con le “Giornate di primavera” in 1.100
luoghi magici. Sette i lariani fin qui noti: Villa Pizzo di Cernobbio, Villa
Fogazzaro Roi a Valsolda, la biblioteca
del Collegio Gallio, Villa Passalacqua di Moltrasio, Villa Parravicini Revel a
Como, la Tenuta dell’Annunziata a Uggiate e Villa Balbianello di Tremezzina, il bene Fai più gettonato
d’Italia. In una penisola che dimentica
il rispetto dei diritti umani pur di fare
affari con Cina e Russia ma poi
rifiuta i soldi dei Sauditi (caso Scala, è la prima volta nella storia dal 1637, ha protestato ieri Alberto Mattioli sulla
“Stampa” «che un teatro d’opera rinuncia ai soldi di un mecenate»), teniamo
stretto il patrimonio di bellezza
ereditato, per carità. Ma lasciamolo ai posteri amministrato con la dovuta
intelligenza.