di Marco Guggiari
Altro che “Natale sereno”, come aveva promesso il premier Giuseppe Conte. “Sereno” è una parola che va bandita dalla politica, ne abbiamo memoria dal tempo in cui Matteo Renzi disarcionò l’allora capo del governo del suo stesso partito, Enrico Letta. Sereno un corno, verrebbe da ridire, anche se la colpa è soltanto della pandemia. Il governo, però, poteva e doveva spiegarsi meglio, tempestivamente, in modo chiaro. Non lo ha fatto. Non è stata, obiettivamente, una bella rappresentazione, venerdì sera, l’attesa fin quasi a notte per sapere cosa ne sarebbe stato del nostro Natale e di tutto il periodo festivo. Non si aspetta così tanto, nemmeno a un appuntamento con il fidanzato o con la fidanzata.
Quel modo non è stato rispettoso degli italiani, che si preoccupano, che in stragrande maggioranza rispettano le regole, che subiscono danni (i ristoratori non sapevano nemmeno se rifornirsi di derrate alimentari). Non è stato rispettoso immaginare che disponessimo di qualcuno capace di decrittare queste ultime complicate disposizioni, date quasi fuori tempo massimo, fornendone a tutti noi, disorientati e smarriti, la difficile interpretazione autentica. È stato irriguardoso non chiedere nemmeno scusa per tutto questo.
Mettiamoci però il cuore in pace. Limiti e restrizioni, al di là del bizzarro metodo seguito e del loro astruso contenuto, sono necessari e utili. Come sempre, li accettiamo. Se ci guardiamo attorno, altrove non va molto meglio. Il re di Svezia ha ammesso: “Abbiamo un numero di morti altissimo. Abbiamo fallito”. E la Germania ha fatto da apripista: è in lockdown dal 16 dicembre. Quel Paese, che è tutto disciplina e durezza, dove si registra un terzo delle nostre vittime da coronavirus, è per noi come il “dover essere”. È esempio e al tempo stesso distante dal nostro carattere nazionale, ma ciononostante gli italiani sanno fare la loro parte e lo stanno dimostrando.
Certo, la mongolfiera vista più volte in questi giorni nel cielo sopra Como evoca qualcosa che quest’anno ci è stata sottratta: la libertà di muoverci, di fare, di respirare senza difficoltà. Ci sono ancora alcune miglia di pazienza e di fatica, non sarà una passeggiata, ma nel 2021 le cose alla fin fine miglioreranno grazie ai vaccini. Intanto il nostro vero obbligo è la consapevolezza. L’annuale classifica sulla qualità della vita del “Sole 24 Ore” assegna alla provincia di Como il 103esimo posto su 107 complessivi per l’indice di contagi da Covid, con 46 casi ogni mille abitanti. È un dato allarmante, che va letto anche in relazione ad altri numeri poco confortanti: ci viene assegnata la 101esima posizione in tutta Italia per quantità di medici di medicina generale. Nessuno vuole più farlo, è diventata una professione poco attrattiva ed è necessario correre con urgenza ai ripari. Siamo anche 106esimi per numero di infermieri ogni 100mila abitanti: soltanto 192. Qualcosa vorrà pur dire, sono carenze che inevitabilmente incidono.
Quest’anno, che grazie al cielo è ormai finito, ci informano poi che in Italia avremo superato 700mila morti, come nel 1944, tempo di guerra. Il 10% di queste vite se ne sono andate per colpa del Covid. Altro che “se qualcuno morirà, pazienza”, come si è lasciato sfuggire il presidente di Confindustria Macerata, ennesima voce dal sen fuggita che indica sottovalutazione e visione puramente mercantile.
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