di Giorgio Civati
Como dunque ci riprova. A due anni dalla passata candidatura, quasi sfiorato il successo, il capoluogo lariano si è rimesso in pista per ottenere il prestigioso riconoscimento di “Città creativa Unesco” e lo scorso 31 maggio ha presentato alla “Commissione italiana Unesco – Network città creative” la propria candidatura. Comune, istituzioni e associazioni varie, questa volta affiancate anche da Regione Lombardia, sembrano lanciati. Con dichiarazioni addirittura roboanti del tipo “textile valley lombarda”, “vocazione storica per l’artigianato tessile e l’innovazione dell’ambito della fashion industry”, e ancora “cultura del fare”.
Già, perché il merito grazie al quale Como può vantare una creatività da primato nel mondo intero è quello legato al tessile, solo al tessile. E quindi tanta attenzione, tanto rilievo è giustificato, anzi lo sarebbe se solo fosse un po’ più continuo. Meno da “campagna elettorale” o da sporadico spot pubblicitario che dir si voglia. Che cosa hanno fatto gli amministratori pubblici per il made in Como della seta? Le istituzioni locali e regionali quando si sono occupate di tessile l’ultima volta? Certo, gli amministratori pubblici hanno molto da fare, ma se è vero – e lo è – che l’industria comasca della seta e delle altre fibre sempre più usate è importante, non è che l’attenzione al settore è stata scarsina?
E pensare che all’industria tessile da queste parti c’è gente che ha dedicato la vita. Alla propria industria ma anche al distretto, alle associazioni, alla categoria in senso ampio tra Como e Milano e Roma e addirittura Bruxelles. Ci sono state e ci sono ottime persone, addetti ai lavori a vario titolo, che ci hanno messo del loro in termini di tempo, entusiasmo, competenze e idee. Uno per esempio è quello Stefano Vitali, presidente dell’Ufficio Italiano Seta e quindi vice presidente di diritto di Confindustria Como che sia nel 2019 che in questo 2021 quale presidente del comitato Como e Seta sta cercando di ottenere un riconoscimento che darebbe lustro al capoluogo, alla provincia, all’industria tessile lariana intera.
Ma la sensazione è che il comparto non sia poi molto supportato fuori dalle fabbriche. Qualcuno dei “notabili” comaschi e lombardi per esempio dall’inizio di quel tragico 2020 e fino a oggi si è ricordato che il tessile/abbigliamento è uno dei settori economici forse più colpiti? Che appena fuori dai loro uffici c’era e c’è crisi profonda in questa industria ancora basilare per il territorio?
Forse siamo stati distratti noi, ma non ci pare, e se ci vuole l’Unesco per suscitare attenzione e dichiarazioni e frasi di sostegno e apprezzamento per il tessile comasco, non è quanto ci si aspetterebbe da amministratori e politici degni del loro ruolo.
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