Categories: Opinioni & Commenti

Immobili all’asta e illusionismo

di Marco Guggiari

Questo primo scorcio d’anno e, in particolare, i giorni recenti, vedono ricorrenti propositi di alienazioni immobiliari. In pratica, il Comune di Como, e anche lo Stato, mettono in vendita edifici dismessi nella speranza di ricavarne risorse. La città capoluogo potrebbe così utilizzarle per altre attività di pubblico interesse, mentre l’Italia potrebbe ridurre il suo fantasmagorico debito. Peccato però che agli annunci non seguano le operazioni desiderate. Il mercato resta scettico. Gelido, diremmo meglio. Vediamo alcuni casi locali. L’ex scuola Baden-Powell, nota anche come orfanotrofio, sgomberata dai disperati nel 2011, viene rimessa all’asta dopo che la precedente giunta aveva fatto analogo vano tentativo. Si tratta di edifici e spazi immensi ubicati in centro città, tra le vie Grossi e Dante Alighieri. L’ex carcere di San Donnino, invece, è chiuso dal 1985 e a fine gennaio è andata deserta la seconda asta. Il luogo è ancora più centrale, in città murata, a ridosso della pinacoteca. L’ostello della gioventù, altrove vivace punto di riferimento turistico, langue all’interno del compendio di Villa Olmo. Esiste dal 1950, ma in questi anni tre bandi per assegnarne la gestione sono andati a vuoto e ora si punta alla trattativa privata. Fin qui il pubblico. Anche il privato non esulta. Martedì prossimo scadrà il termine di presentazione delle offerte per aggiudicarsi, dal Fallimento della società proprietaria, il centro sportivo di Orsenigo, per intenderci il campo di allenamento del Como, in passato vivaio di tante promesse calcistiche. Tre proposte sono già pronte, ma anche in questo caso due precedenti tentativi non erano andati a buon fine. Fermiamoci a questi esempi. Aggiungiamo soltanto che, a livello nazionale, il governo punta a ottenere 32 miliardi da privatizzazioni e dismissioni in tre anni. Diciotto di questi già nel 2019, ma le operazioni preparatorie devono ancora essere messe a punto. Ce n’è abbastanza per temere il ripetersi, in ambito pubblico, di un certo diffuso illusionismo. Si scrive qualche riga d’inchiostro e si immagina che, d’incanto, l’alienazione sia cosa fatta. Più e più volte, come in una coazione a ripetere. L’obiettivo, naturalmente, non viene mai centrato ma soltanto riproposto, magari con sconto annesso. Questo accade essenzialmente per tre fattori, spesso concomitanti, che sono altrettanti disincentivi. Il primo: lo stato di fatto degli immobili messi in vendita. Di frequente malmessi e bisognosi di pesanti e costosi interventi. Il secondo: la presenza di vincoli di tutela (è il caso di San Donnino), che ne riduce l’appetibilità commerciale. Il terzo: la richiesta di canoni per l’attività esercitata (è il caso dell’ostello), non sempre convenienti rispetto al possibile guadagno. I disincentivi potrebbero in qualche caso essere controbilanciati da incentivi. Se vogliono evitare l’esercizio di pure finzioni, Stato e Comune devono pensarci.

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