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La chimera della fortuna e la disperazione

di Agostino Clerici

Deve essere frustrante fare il rivenditore di fortuna. Avere sul bancone i biglietti vincenti – naturalmente mischiati ai più numerosi biglietti che non fanno vincere nulla – e lavorare per venderli agli altri, così da vederli contenti di aver grattato via la sottile pellicola che ricopre la prospettiva di portarsi a casa un tesoretto che cambia la vita. Ma c’è il rischio che, prima di arrivare all’agognato tagliando vincente (ipotesi del resto per nulla assicurata), il gioco si trasformi in ossessione e in una malattia vera e propria che la vita la avvelena.

Talvolta dietro la chimera della fortuna si nasconde la disperazione. Forse sto esagerando. I tabaccai staccano dal blocchetto il tagliando del Gratta e Vinci con lo stesso automatismo con cui vendono il pacchetto di sigarette o allungano sul bancone la tazzina del caffè. D’accordo, il fumo nuoce alla salute e il caffè aumenta l’ipertensione, mentre quel foglietto colorato contiene una promessa di ricchezza. Ma alla fine il rivenditore di fortuna è un lavoro come un altro, e i Monopoli sono contenti che si vendano tanti biglietti, facendo felice qualcuno e impinguando le casse dello Stato. Che cosa sia successo giovedì scorso nel cuore di Napoli è ancora tutto da definire, anche se ha già il sapore surreale di una commedia di Eduardo De Filippo.

Il primo atto racconta i fatti visti da lei, la pensionata che dice di aver grattato il tagliando vincente da 500mila euro, uno dei due biglietti acquistati presso una tabaccheria del rione Materdei. La donna, non credendo ai suoi occhi, per essere certa di aver vinto quella cifra così spropositata, porge il biglietto al ragazzo che lavora nella tabaccheria, il quale a sua volta lo consegna al titolare che si trova nel retrobottega. Ed ecco il finale tragicomico con cui si chiude il sipario del primo atto: il tabaccaio si mette in tasca il prezioso tagliando, indossa il casco e fugge via con lo scooter. Un vero colpo di testa.

Sulla scena resta, sconsolata, la donna intenta a domandarsi dov’è mai finito il suo tagliando. Il secondo atto si apre a 250 chilometri da Napoli con i carabinieri che domenica fermano il tabaccaio, all’aeroporto di Fiumicino: in tasca non ha più il biglietto Gratta e Vinci, ma un biglietto aereo per le isole Canarie. Il tagliando vincente dice di averlo depositato in una banca di Latina, dove ha appositamente aperto un conto corrente sul quale ha chiesto che venga versato il denaro della vincita.

Perché – vero e proprio colpo di teatro – il tagliando vincente non l’ha affatto rubato alla donna, ma è suo. Il sipario si chiude con l’aereo diretto alle Canarie che decolla senza il tabaccaio, il quale rimane a terra, denunciato per furto a piede libero. Il terzo atto non posso raccontarvelo, perché non è ancora stato scritto.

In banca è stato ritrovato il biglietto vincente (nel frattempo bloccato dai Monopoli di Stato) ed è stato posto sotto sequestro. È in corso l’inchiesta e la domanda è una sola: chi ha “grattato” il biglietto da mezzo milione di euro? In attesa che l’intricata vicenda si risolva, io – che in vita mia non ho mai comprato un biglietto Gratta e Vinci – resto convinto che in questo strano gioco a vincere sempre è solo chi non gioca mai.

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