La “mancanza di fame” per il futuro del passato

La “mancanza di fame” per il futuro del passato

di Marco Guggiari

La vicenda dell’Asilo Sant’Elia di via Alciato, così come
del quartiere razionalista intorno allo stadio e del Tempio Voltiano, da cinque
anni in attesa di restauri, è emblematica dei problemi di questa città.
Problemi che, prima ancora di riguardare tempistica, efficacia e qualità degli
interventi, sono riconducibili a un atteggiamento di fondo rozzamente
sintetizzabile in una definizione: “mancanza di fame”. Como, nelle
articolazioni che la guidano, non ha fame di futuro.

Non ne ha a tal punto che sembra smarrire la consapevolezza
di quanto il suo ragguardevole passato, artistico, monumentale, culturale,
potrebbe aiutarla verso il futuro. Questo atteggiamento di fondo non è recente,
dura da molto, troppo tempo. È un misto di indifferenza, rincorsa affannosa dei
rappezzi via, via da applicare qua e là, ritardi atavici e rinvii. Per
intenderci, è un’inappetenza che caratterizza, nei fatti e nei risultati,
diverse amministrazioni comunali che si sono succedute, vari uffici e dirigenti
della cosa pubblica. E non sono in discussione la buona volontà, la buona fede
e l’impegno che animano le singole persone. Sta di fatto che quando sono “lì”,
stentano ad agire come si ripromettono di fare. Nei giorni scorsi ha tenuto
banco la questione dell’Asilo Sant’Elia, opera dell’architetto Giuseppe
Terragni soggetta a lavori di manutenzione, bloccati dopo le proteste per la
tipologia degli interventi giudicata non rispettosa del capolavoro su cui agiva
e dopo sopralluoghi dei tecnici comunali e della Soprintendenza. Ne è nata
anche una petizione internazionale per far sì che il patrimonio razionalista
abbia migliore attenzione. In parallelo, questo giornale ha documentato lo
stato di degrado del quartiere razionalista ubicato tra viale Puecher e via
Sinigaglia, dove i marciapiedi sono dissestati e qua e là spuntano scarabocchi
e segni di degrado. Palazzo Cernezzi ha assicurato che interverrà entro l’anno.
I due recenti esempi negativi danno l’idea della mancanza di fierezza del
proprio patrimonio, desiderio di difenderlo, migliorarlo e valorizzarlo con un
costante monitoraggio. Di utilizzarlo per relazioni mondiali con università e
altri centri strategici. Di farne l’arma in più per un turismo non soltanto
torrentizio, ma in parte qualificato e motivato da specifici richiami. È
“mancanza di fame” che non si punti su un articolato percorso razionalista, da
proporre in città e nel mondo (Casa del fascio, Monumento ai Caduti, stadio,
sedi delle società nautiche, Novocomun, Casa Giuliani-Frigerio, ma anche altri
luoghi, per esempio la fontana di Camerlata di Cesare Cattaneo, seconda
generazione razionalista). Iniziative in tal senso esistono ad opera
dell’Ordine degli Architetti e delle Guide del Lago di Como; c’è anche
un’applicazione per smartphone della Provincia. La promozione evidente,
costante e di richiamo richiede però uno scatto in avanti dell’istituzione
comunale.